Carceri

Bernardo Provenzano è stato operato al cervello nei giorni scorsi e attualmente si trova in coma farmacologico. Se ci pensiamo, è una notizia che dovrebbe renderci orgogliosi: uno dei boss più efferati della mafia, un criminale feroce e sanguinario che può godere del massimo livello di cure sanitarie e assistenza medica. Sebbene tutto ciò possa provocarci una dose di diffidenza – ma come, le nostre tasse pagano la salute di Provenzano? – sono proprio queste situazioni a definire la civiltà di un paese. La responsabilità nei confronti di chi è privato dei diritti è maggiore.
Proprio da qui occorre partire per comprendere e poi sostenere la battaglia solitaria ed eroica di Marco Pannella. Mentre tutti parlano d’altro, si occupano di liste e spread, questo vecchio combattente si ostina a ricordarci ciò che fingiamo di non sapere. Che le carceri italiane sono indegne di un paese sedicente civile, che se è marcio l’ultimo anello della catena anche gli altri sono a rischio. Nelle prigioni italiane si moltiplicano i casi di suicidio (anche tra le guardie), cresce la percentuale di immigrati e tossicomani, si attesta quasi al 50% la quota di detenuti in attesa di giudizio. Un’autentica vergogna.
Sui luoghi di detenzione (anche CIE, CARA, OPG) si scaricano tutte le contraddizioni di una giustizia che non funziona, di una società che tende a confinare il disagio sociale, di una macchina amministrativa spesso inefficiente. Solo che questi disservizi riguardano la vita delle persone. Ma anche la nostra. Possiamo ignorare ciò che accade nei bassifondi del nostro mondo ma, come sa qualunque medico, se il veleno è inoculato prosegue la sua strada. E il virus dell’ingiustizia e dell’illegalità può colpire chiunque. Grazie, e forza, Marco.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas – twitter @tobiazevi