L’Ucei, le questioni di linea e le questioni di politica

Il Consiglio dell’UCEI è stato eletto dagli iscritti alle comunità ebraiche con alcune funzioni precise, descritte puntualmente nello statuto emendato nell’ultimo congresso del 2010 all’art. 38. In quell’articolo sono puntigliosamente elencati gli ambiti di intervento di cui l’UCEI si deve fare carico. Fra questi, non viene mai in nessun luogo nominata la necessità di condurre una “linea programmatica” relativa a un “indirizzo politico”, così come viene richiamata in maniera pressante dalla nota pubblicata il 18 dicembre dalle consigliere Di Cave e Pontecorvo. E non potrebbe essere altrimenti: l’UCEI rappresenta sul piano amministrativo e organizzativo le comunità ebraiche, non è in alcun modo un organo politico e non esiste – né potrebbe esistere – una linea politica univoca degli ebrei italiani. Gli ebrei iscritti alle comunità in Italia sono cittadini italiani e hanno diverse convinzioni politiche sia per quanto riguarda la realtà italiana, sia per le quel che riguarda Israele e il conflitto Israelo-Palestinese. Questa pluralità di opinioni trova giustamente spazio sugli organi di informazione gestiti dall’UCEI, che adempie in questo modo alla sua funzione di organismo rappresentativo unitario, al cui interno viene garantita libertà di espressione. L’idea stessa che l’UCEI debba assumere un indirizzo politico programmatico (su Israele o sulla realtà italiana) violerebbe lo Statuto e trasformerebbe l’UCEI stessa in una sorta di partito politico a cui gli ebrei italiani si troverebbero iscritti d’ufficio senza aver espresso alcuna espressione di adesione volontaria. Le parole espresse dal Presidente Gattegna sono sembrate in questo contesto decisamente equilibrate, relazionando su una linea di intervento tenuta dalla Presidenza e dalla Giunta in questi ultimi tempi particolarmente ricchi di contrasti che non può che essere giudicata come equilibrata e in linea con il dettato dello statuto. Fare qualcosa di diverso, come viene proposto dalla nota Di Cave/Pontecorvo, significa attaccare direttamente l’UCEI come forma di rappresentanza unitaria. Significa voler imporre agli ebrei italiani una linea politica data su Israele e/o sulla realtà italiana. La cosa, oltre ad essere inaccettabile, è anche palesemente non attuabile. Nel panorama politico italiano è sotto gli occhi di tutti la grande articolazione di posizioni. Al suo interno ci sono molti cittadini italiani ebrei che si impegnano negli organismi elettivi, ma ovviamente lo fanno da cittadini e non da rappresentanti della comunità ebraica. E per quanto riguarda la situazione mediorientale e Israel, quale mai potrebbe essere l’indirizzo politico programmatico espresso dall’UCEI? Adesione alle azioni proposte dal governo in carica? Adozione delle opzioni dell’opposizione? Anche in Israele è noto che le posizioni politiche sono articolate, su tutto. Come potrebbe mai l’UCEI esprimere una sua linea politica? La risposta è ancora nell’art. 38 al comma 2.l, per il quale l’UCEI promuove “rapporti e contatti con Israele e con la diaspora e con ogni altro ente e organizzazione ebraica; rappresenta[re] l’ebraismo italiano in quelli a carattere internazionale”. Come direbbe Hillel: tutto il resto è commento, và e studia.

Gadi Luzzatto Voghera, storico