Nugae – Elishama Levinski

Se Elishama Levinski non fosse un personaggio di uno dei racconti di Karen Blixen (Capricci del destino, La storia immortale), sarebbe sicuramente qualcuno che vorrei incontrare di persona. Ebreo, nato in Polonia, tutta la sua famiglia muore uccisa nel grande pogrom del 1848, quando ha solo sei anni. Si unisce a un altro gruppo di ebrei che riescono a scappare, ma da allora “come un pacchetto di merce poco richiesta” vagabonda per l’Europa solo e abbandonato, completamente in balia del caso. Finché poi non s’imbarca verso Oriente, e non va a lavorare in Cina come impiegato negli uffici del signor Clay, un commerciante inglese esageratamente ricco e così arido che mette quasi malinconia. Per questo non stupisce che il povero Elishama sia ormai privo di ogni desiderio, tranne quello di stare tranquillo, di essere lasciato in pace, chiuso nel silenzio del piccolo sgabuzzino in cui abita. Non uno con cui farsi grandi chiacchierate, d’accordo. Però proprio tutto questo errare e questo soffrire fanno di lui uno dei personaggi più saggi che potrebbero mai esistere, una specie di filosofo, ma con più senso pratico. Certo, la figura dell’ebreo errante che non avendo nulla si ciba di libri è un classico, ma qua non si tratta nemmeno di questo, perché Elishama sa a malapena leggere, e l’unica cosa scritta che possiede è un foglietto con un pezzo di una profezia di Isaia datogli da un vecchio ebreo polacco morto in viaggio. Lui è diverso perché l’uomo che è nato da tutte queste peripezie non è, come può apparire, un’anima spenta e pessimista perché annebbiata dal dolore. Analizzandolo più in profondità si vede come sia invece un individuo la cui visuale di ciò che lo circonda è talmente disincantata da essere perfetta, ma non per questo distaccata, capace di comprendere ciò che spinge le persone ad agire. A tal punto da aiutare il signor Clay nella sua impresa impossibile di realizzare una leggenda raccontata dai marinai sulle navi. “Elishama parteggiava sempre con l’individuo contro al mondo, dato che, per quanto pazzo potesse essere l’individuo, il mondo in generale soffriva certamente di un’idiozia ancora più perfida e inguaribile”. E forse il modo giusto di affrontare le cose è tutto qua.

Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @Matalon