discendenze…
Dall’affascinante storia di Yoseph emerge che l’affermazione di un ebreo come leader nella società civile richiede spesso un alto prezzo da pagare e un’inevitabile accettazione di alcuni compromessi.
Yoseph, come Ester e Daniel, altri due leader ebrei nella diaspora speculari alla sua storia, dovrà cambiare il suo nome, il suo modo di vestire e dovrà sempre cercare qualcuno che lo aiuti a garantire i suoi diritti che troppo spesso dipendono dalla buona volontà di sovrani opportunisti. Addirittura per andare a seppellire suo padre in Eretz Israel dovrà chiedere ai famigliari del Faraone di intercedere per lui affinché quest’ultimo gli conceda il permesso di uscire dall’Egitto (Bereshìt, 50; 4). Nonostante il grande contributo apportato alla società in cui vivono saranno sempre percepiti come diversi e i loro nemici useranno questa stessa identità ebraica come strumento politico contro di loro. Quando emerge un nuovo Faraone, Yoseph sarà addirittura dimenticato. Nonostante la posizione di preminenza raggiunta in una terra straniera Yoseph riconosce, nell’epilogo del libro di Bereshìt, che il suo destino è con il suo popolo e nella sua terra. Nonostante la centralità che Yoseph ha rappresentato in queste ultime quattro parashòt e il grande fascino che continua a esercitare, noi ebrei non siamo denominati Yosephìm, discendenti di Yoseph, ma Yehudìm, discendenti di Yehudah, un figlio di Israele meno attraente ma in che in situazioni determinanti ci insegna ad assumerci le nostre responsabilità.
Roberto Della Rocca, rabbino