Funerali Rita Levi Montalcini – Gli interventi di Disegni e De Benedetti

In occasione dei funerali di Rita Levi Montalcini, partecipati da migliaia di cittadini e numerosi rappresentanti istituzionali, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni ha dichiarato:

Con Rita Levi Montalcini scompare non soltanto una scienziata di livello altissimo, che ha fornito contributi irrinunciabili alla comunità scientifica mondiale, ma scompare una donna che è stata esempio tenace per ogni generazione di quali debbono essere i principi cui ispirarsi per una vita vissuta in modo etico e coerente. Lo studio, il rigore, l’esser vicina agli altri, in prima fila per le battaglie civili e di democrazia, sono stati tratti caratterizzanti dell’intera sua lunga vita, una vita non sempre facile, segnata “a vista” da quello strappo brutale e inaspettato che furono le leggi razziali del 1938. Leggi che la costrinsero a lasciare l’Italia per un lungo esilio forzato dapprima in Belgio e poi in America e che Rita Levi Montalcini, fortemente legata all’Italia, sempre ricorderà come una profonda lacerazione, un dilemma irrisolto.
E furono proprio le famigerate leggi razziali a segnare in qualche modo il suo futuro di scienziata, futuro che trovò in terra straniera e non ostile, con un destino che la accomunò ad altri brillanti allievi (Renato Dulbecco e Salvador Luria) del suo maestro, il mitico professor Giuseppe Levi.
Ci sono momenti della sua vita e della sua personalità che fanno di lei una figura speciale attraverso il suo insegnamento prezioso e che sono stati ricordati da Renzo Gattegna presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche italiane: “la centralità dello studio e dell’istruzione come fondamentale motore della crescita di ciascun individuo, il coraggio e la portata rivoluzionaria delle idee, la tenacia nel portarle avanti nel tempo con immutata determinazione”.
Una donna, Rita Levi Montalcini, impegnata non solo per la scienza, ma anche per la cultura, la democrazia, i diritti civili, le battaglie per le donne e per l’Africa. E anche in questa sua dedizione e in questa curiosità per il mondo, una donna profondamente ebrea. Nella prolusione che fece, subito dopo aver ricevuto il Premio Nobel, al Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche, a Roma nel novembre 1986, aveva tenuto a raccontare nel dettaglio la storia della sua famiglia, una famiglia della borghesia ebraica torinese, ancorata a solidi valori democratici e antifascisti, perfettamente integrata nel tessuto sociale e culturale del Paese e di Torino, ma anche un po’ una parte della storia della comunità ebraica torinese, dei personaggi che da essa provenivano e molto diedero all’Italia, Carlo Levi, Vittorio Foa, Primo Levi. E ancora di lei va rilevato un attaccamento speciale allo Stato di Israele, come ricordato nel messaggio di cordoglio del suo Presidente Shimon Peres.
E l’ebraicità e la torinesità sono in qualche modo due tra i caratteri identitari di Rita Levi Montalcini che oggi nell’ultimo saluto a lei, ci piace ricordare tra i più autentici e veri di una donna che ha dato molto al mondo intero.

Ad intervenire anche il consigliere UCEI Claudia De Benedetti, che si è così espressa:

Cara Rita,
Nella giorno in cui ti diamo l’estremo saluto vorrei rivolgermi per l’ultima volta a te da donna ebrea a donna ebrea.
Sei stata per me una dugmà ishit – esempio personale
Ti ho conosciuta quando ero piccola: in alcune occasioni, nel salotto della Nonna Carla z.l., ho chiacchierato con te, ho imparato dalle tue parole le lezioni della vita e dell’impegno.
Dicevi, con il linguaggio chiaro e asciutto che la scienza ti ha insegnato e con la grande modestia sabauda che ti contraddistingue, che aiutare gli altri era il tuo obbiettivo primario, che volevi far sentire il tuo infaticabile impegno di scienziata ebrea, a voce alta, in un mondo in cui troppi erano i silenzi. Mi raccontavi di come, in anni bui, avevi imposto la tua identità, giorno dopo giorno, ad allievi e colleghi spesso ostili.
Una identità, la nostra, il cui significato è ben sintetizzato nella toccante frase dello storico Abba Kovner, collocata all’ingresso del Beth Hatekufzot, del Museo della Diaspora di Tel Aviv: “ noi siamo un popolo – si legge- disperso in tutto il mondo che ciononostante è riuscito a rimanere una unica Famiglia, una Nazione che più volte destinata alla distruzione, è ugualmente risorta dalle rovine ad una nuova vita.”
L’esistenza del nostro popolo ha sempre avuto per te il più alto e nobile significato, è la scintilla del nostro credere nel Dio dei nostri Padri e delle nostre Madri, delle nostre passioni inestinguibili, dei nostri sogni immutabili, delle nostre tradizioni, delle nostro Shemà Israel che anche una ebrea laica, come ami definirti, ripete calpestando i sentieri della vita. Un ebraismo così radicato nel nostro DNA, per usare una espressione che vorrai permettermi, un ebraismo che ci appartiene, una fierezza che conosciamo nel nostro vivere quotidiano di donne.
Cara Rita, oggi riaffermiamo che il tuo esempio è indelebile, che il ricordo di questa cerimonia sarà una pietra miliare per le tante generazioni presenti accanto a noi, per i nostri figli e nipoti, affinché sappiano sempre da dove provengono e non trovino impedite le strade della propria vita; affinché gli anelli della catena generazionale non vengano mai spezzati né diventino per nessuno guinzagli…nel lungo cammino dell’Hatikvà, della speranza del genere umano.