L’ebreo errante
«Ciò di cui ho bisogno sono le urla, è l’acqua putrida, il correggiato, la latta che rimbomba. Come si svolgevano le disputazioni? Quella sì che era vita! Gli ebrei avevano gli argomenti, gli altri i pugni»… Così parlò l’Ebreo errante, ingrassato dalla decadenza dell’odio antisemita, nella Monaco del primo dopoguerra da lui scelta per il proprio “rilancio” – in Conversazioni con l’Ebreo errante, ultimo dei tre geniali racconti di Lion Feuchtwanger (1884-1958) ora raccolti in Odisseo e i maiali dalle Edizioni Nottetempo. Urla di becere tifoserie contrapposte, melma di ignoranza e pregiudizio, ginepraio di miopie ideologiche, cori rimbombanti xenofobia e razzismo; e per di più gli ebrei che sugli “argomenti” non sono più così uniti. Se l’Ebreo errante di Feuchtwanger ricomparisse oggi tra di noi, chissà.
Stefano Jesurum, giornalista