Il poeta e il filosofo

Nella bella mostra di Lugano (“Sguardi attraverso la finestra dell’arte”) che si è appena chiusa, era esposto un quadro di De Chirico, “Il poeta e il filosofo”, in cui aveva dipinto, in una stanza spoglia, due busti visti da dietro e appoggiati su un piedistallo. Uno bianco e l’altro nero, come se fossero agli antipodi. Quello nero guarda un dipinto di un cielo stellato, come se stesse cercando qualche verità in alto, nei mondi infiniti (alla Pascal), mentre in realtà si trova in una stanza chiusa e sta osservando una mera riproduzione delle stelle, per di più fatta da qualcun altro. In altri termini, i suoi discorsi molto elevati, sono basati su una visione totalmente distorta e non originale. L’altro intellettuale, si comporta in modo diverso e guarda all’esterno; ma il panorama che vede è assolutamente irreale con un cielo di un azzurro splendido su cui si stagliano delle nuvole estive e un’abitazione dalle proporzioni perfette ma apparentemente disabitata. Anche la sua visione è quindi del tutto distorta. La differenza fra poeta e filosofo, fra intellettuali di tipo diverso, che casomai si sviluppa in un’animata discussione, si basa sul nulla. Certo quel dipinto di De Chirico è del 1915, quando si moriva sui campi di battaglia e i grandi discorsi sembravano particolarmente inopportuni. Ma questa critica radicale vale in buona parte anche oggi: troppi presunti intellettuali che discutono del vuoto e soprattutto all’interno di un sistema di concetti che capiscono solo loro. Ma c’è dell’altro: chi vive nel chiuso di una stanza, chi si crea panorami fittizi, chi non vuole vedere la realtà, rischia di parlare di una società che non esiste. E non sono poche le persone, nel nostro ambiente, che vivono nel chiuso di una stanza, in un ghetto che si sono creati e non guardano fuori.

Daniele Liberanome, critico d’arte