Un medico in famiglia
C’era un periodo d’oro in Italia nel quale si leggeva di nascosto Cioè e si staccava la copertina adesiva per attaccarla sul diario segreto. Un periodo nel quale l’idolo del momento era un qualsiasi vj di Mtv dall’accento smaccatamente milanese (lo stesso vj che ora è sicuramente stempiato e in età di pensionamento). Un’era fatta di pomeriggi con Cristina Parodi e gelati in scatola. Il tempo nel quale la famiglia italiana media si riuniva intorno al focolare, accendeva la tv e guardava Un medico in famiglia. Chi, almeno una volta, non ha sentito i gorgheggi di Cettina? Chi non ha temuto per la fase gioventù bruciata dell’angelica Maria, finita tra le spire di un tipo poco raccomandabile come Er pasticca? Io stessa ho passato serate con le farfalle nello stomaco assistendo all’innamoramento di Maria e Guido Zanin, il medico trentenne interpretato da Pietro Sermonti, figlio del dantista Vittorio. Il telefilm ha trattato tematiche scottanti, è stato il primo serial pedagogico seguito a ruota da una sfilza di epigoni più o meno riusciti. L’ebraismo è stato toccato marginalmente: nonno Libero non si stanca mai di ripetere che quando giovane e baldanzoso faceva il ferroviere, aveva salvato una famiglia di ebrei dalle persecuzioni naziste. In una puntata una coppia di truffaldini si era spacciata per discendente della famiglia per far fuori l’argenteria di casa Martini. Un momento un po’ triste. Finché non è arrivato lui: Marco Levi, la nuova cotta di Maria, giunto dopo che il povero Zanin ha tirato il calzino per permettere a Pietro Sermonti nuove avventure televisive. Marco Levi è un giovane e prestante giornalista d’assalto che ha la faccia dell’attore Giorgio Marchesi. Un po’ Heathcliff, un po’ Marco Travaglio, Levi è ebreo e trascina la sua bella in danze sfrenate in un bat o bar mitzvah (jewish pride alle stelle). L’ottava stagione andrà in onda probabilmente dopo il Festival di Sanremo e finalmente ritroveremo Marco alle prese con Maria… Non resta che aspettare, anche perché come direbbe nonno Libero: “Una parola è troppo e due sono poche!”.
Rachel Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2