Il velo da squarciare
Un articolo di Gilles Bernheim, gran rabbino di Francia, ha innescato una polemica giornalistica sui matrimoni e sulle adozioni gay. Nel testo – peraltro molto bello e documentato – il rabbino spiegava che la divisione tra maschile e femminile è, nella tradizione ebraica, il simbolo del limite: nessuno può rappresentare l’umanità nella sua interezza, e perciò cerca l’Altro, divino e umano. Dunque una società che non valorizza questa bipartizione perde di conseguenza il suo ordine morale e scivola nel baratro del consumismo. Le adozioni gay rappresentano il passaggio del bambino da soggetto a oggetto di un diritto e dunque un ulteriore decadimento etico.
La polemica è stata rilanciata in Italia da un intervento di Ernesto Galli Della Loggia, cui hanno risposto vari esperti in diversi settori, mentre l’articolo di Bernheim veniva ripreso dalla stampa cattolica. Nel suo articolo Della Loggia si dichiarava d’accordo con il rabbino, si rammaricava per l’eccessivo silenzio degli ebrei italiani (anche se alcuni anni fa ci fu l’intervento in proposito di Riccardo Di Segni), si rallegrava che Bernheim avesse squarciato il velo del conformismo e del politically correct.
Ognuno può pensarla come vuole (io, nel mio piccolo, la penso diversamente). Bernheim può esporre la propria posizione che ha aperto un dibattito interessante e partecipato. La sua invocazione al limite dovrebbe indurre a ragionare con umiltà, perché nessuno su questi temi ha la verità in tasca. Ciò che appare poco sopportabile è invece il rovesciamento delle carte operato da Della Loggia. Quale sarebbe il velo da squarciare? Quale la cappa del politically correct? Ce lo ricordiamo che in Italia non esiste una legge che regola le unioni di fatto (altro che matrimoni gay), e neanche una norma contro l’omofobia, il che è uno scandalo? Vogliamo ignorare tutte le indagini che rivelano un pregiudizio diffuso e maggioritario nei confronti degli omosessuali? Apriamo una riflessione seria basata sulla realtà. Ragionando, per esempio, sul fatto che in Italia la famiglia strutturata tradizionalmente registra una diminuzione percentuale costante e potenzialmente irreversibile.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas, twitter: @tobiazevi