Qui Torino – Pietro, Maria e Carlo Antoniono iscritti fra i Giusti delle Nazioni

“Relativamente numerosi sono i nipoti che Dio ha concesso a nostro padre e, nonostante egli non abbia fatto in tempo a conoscerli, ancor più numerosi sono i suoi pronipoti. Il suo auspicio si è avverato e la riconoscenza nei confronti della famiglia Antoniono è incisa profondamente nella memoria di tutta la sua discendenza”. Con queste solenni parole Tullio Levi, già presidente della Comunità ebraica di Torino, ha ricordato – nelle sale comunitarie – l’eroismo di Pietro, Maria e Carlo Antoniono, entrati nel registro di Giusto Tra le Nazioni nel 2011 e pubblicamente insigniti – alla memoria – del massimo attestato di riconoscenza conferito dal popolo ebraico a quanti si prodigarono per salvare uomini e donne in fuga dal regime nazifascista. A ritirare l’attestato, consegnato dalla prima assistente dell’ufficio affari pubblici e politici dell’ambasciata israeliana in Italia Sara Gilad, Alberto e Marina Antoniono – figli di Carlo e nipoti di Pietro e Maria. Tra gli interventi quello del vicesindaco di Torre Canavese Giampiero Cavallo e dell’attuale presidente della Comunità Beppe Segre.
“Le storie che raccontano i salvati – ha affermato quest’ultimo – parlano di tragedie e di miracoli. Tullio Levi racconta del maresciallo dei carabinieri venuto ad avvertire che la caccia agli ebrei è iniziata, di fughe e di passaggio di cascina in cascina, di visite periodiche della famiglia Antoniono per rifornire di provviste, ma anche di amicizia, scherzi, canzoni cantate insieme”. Le storie raccontate dai salvatori, prosegue Segre, sono invece ‘meravigliose’ e ‘affascinanti’. “I salvatori – osserva – rispondono con semplicità e naturalezza che non hanno fatto nulla di speciale, che si sono comportati come ogni persona si deve comportare. Le risposte sono sempre le stesse, laconiche e asciutte: ‘Perché questa era la cosa che si doveva fare’ oppure ‘Aiutarli era un dovere, c’è poco da aggiungere’. A nome della Comunità ebraica esprimo il nostro più solenne ringraziamento”. Segre ha poi letto un messaggio inviato alla Comunità dal sindaco Piero Fassino. “Credo – scrive il primo cittadino – che non ci sia riconoscimento più vero e importante come quello di rendere Pietro, Maria e Carlo Antoniono ‘Giusti tra le nazioni’ perché questo sono stati. Hanno vissuto facendo la cosa che ritenevano giusta, hanno protetto persone che avevano bisogno di aiuto. Alberto e Maria devono essere orgogliosi per i loro nonni e per loro padre”.
Nelle parole di Levi, all’epoca bambino, l’immensa gratitudine per i salvatori e per l’intera comunità di Torre Canavese, protagonista di un’impresa collettiva di altruismo mai dimenticata. “La mia famiglia – ha spiegato – intende rivolgere un pensiero riconoscente a tutti quegli abitanti di Torre Canavese, e in particolare a quelli delle Cascine che, in un modo o nell’altro, hanno contribuito a proteggerci e ad accoglierci, rivelando doti di umanità, di altruismo e, talvolta, di coraggio davvero esemplari e che hanno fatto si che, al di là dello stretto rapporto con la famiglia Antoniono, Torre Canavese diventasse davvero il paese di adozione della nostra famiglia, il paese in cui i nostri genitori hanno potuto trascorrere, finalmente in serenità, l’ultima parte della loro travagliata vita”. Il fascicolo Antoniono ha fatto il suo ingresso allo Yad Vashem cinque anni fa arricchito della densa testimonianza cartacea prodotta dal padre di Tullio, Marco Levi, che in una lettera inviata alla Comunità ebraica torinese – il 10 maggio 1955 – afferma di essere “ben lieto” di portare a conoscenza del Comitato individuato dall’Unione delle Comunità Israelitiche per rendere omaggio ai salvatori le benemerenze “di una famiglia di contadini di Torre Canavese”. Nel documento, letto oggi dal figlio Tullio, sono elencati i passaggi più significativi relativi all’azione di coraggio solennemente certificata dallo Stato di Israele. “L’assistenza degli Antoniono – è scritto – continuò fino alla Liberazione e anche oltre: disinteressata, calda, affettuosa, un conforto sublime nelle tenebre della nostra infinita angoscia; anche oltre quando ormai liberi dalla paura, le nostre condizioni finanziarie erano ancora precarie. Ed ora a noi non resta che la riconoscenza più profonda che non cesserà se non nel giorno supremo, ma che tramanderemo ai nostri nipoti se Dio ce ne concederà”.

Adam Smulevich – twitter @asmulevichmoked

(Nell’immagine in alto la famiglia di Marco Levi, padre di Tullio, a Torre Canavese)