Melamed – Lo Shabbat e l’arte del ping-pong
Negli Stati Uniti d’America, in tempi recenti, è capitato più volte che la programmazione di eventi sportivi sia stata complicata dalla necessità di permettere a tutti gli atleti, anche giovanissimi, di competere rispettando i propri valori, ebraici e non solo. La composizione demografica americana, ancor più che quella europea, sta spingendo diverse associazioni a ragionare su chi sono i loro iscritti, e la necessità di fare chiarezza è sempre più pressante. Nel febbraio dello scorso anno era stata la squadra di basket della Beren Academy, una scuola ebraica ortodossa di Houston, Texas, a salire alla ribalta. Non tanto per essere arrivati alla semifinale del torneo quanto per la miopia di una associazione, la TAPPS (Texas Association of Private and Parochial Schools), che non solo aveva programmato la partita di shabbat ma che di fronte alla richiesta di spostare l’orario dell’incontro aveva dichiarato che non era possibile accomodare tutti e che la scuola, all’atto dell’iscrizione al torneo, era stata avvertita di una simile possibilità. Oltre all’opinione pubblica (migliaia di persone avevano firmato una petizione online per chiedere lo spostamento della partita) si erano mossi il sindaco di Houston, alcuni senatori, l’Anti-Defamation League, e anche l’ex coach dei Rockets.
Le cose, per Estee Ackerman, giovanissima promessa del tennis tavolo, sono andate diversamente: al National Table Tennis Championships di Las Vegas erano iscritti talmente tanti ragazzi che Estee era sicura che sarebbe stata eliminata prima di shabbat. Invece ha continuato a vincere, fino a rendersi conto che i sedicesimi di finale li avrebbe dovuti giocare la sera di venerdì, qualche ora dopo l’inizio del sabato. Al contrario del caso di Houston la disponibilità dell’organizzazione di fare un cambiamento per permettere a Estee di giocare era totale, ma semplicemente questo non è stato possibile. La decisione di non giocare ha avuto – come nel caso della Beren Academy – grande risonanza mediatica, arrivando addirittura a una copertura della notizia da parte della CNN.
La piccola giocatrice (è ora quarta nel ranking nazionale del la categoria 8-11 anni) si è ovviamente dichiarata dispiaciuta, ma non ha avuto dubbi: avrebbe potuto andare a piedi fino al luogo dell’incontro, e giocare, ma decidere di farlo sarebbe stato in contraddizione con lo spirito di shabbat, se non con le sue regole. La sua scelta è stata sostenuta e condivisa da tutta la famiglia, in cui anche il fratello Akiva, che ha 14 anni, è un campioncino (e gioca con la kippà in testa) e il padre passa ore ad allenare i due ragazzi, sei giorni alla settimana.
Estee gioca a tennis tavolo – non chiamatelo ping-pong – da quando era molto piccola con successo sempre crescente, ed è stata scoperta qualche mese fa da Biba Golic, campionessa dello sport e testimonial del Killerspin Crew, di cui adesso anche Estee fa parte. Già ora è nota per la sua abilità tattica e strategica e per la sua capacità di giocare alla pari, senza farsi intimorire, anche contro gli adulti e il suo sogno è di entrare nella squadra americana di tennis tavolo per partecipare alle Olimpiadi nel 2016, a Rio de Janeiro. Non sembra impossibile, sia per la sua bravura che per la sua tenacia, mostrata anche nella scelta di non giocare di shabbat, che, come ha dichiarato rav Yaakov Sadigh “mostra una capacità di autodisciplina abbastanza impressionante in una ragazzina della sua età”. E il prossimo torneo a cui parteciperà, per fortuna, si gioca di domenica.
Ada Treves twitter@atrevesmoked
(13 gennaio 2013)