Politica, diplomazia e sorprese al Congresso WUJS

Presentazioni, workshops, mozioni ed emozioni , dibattiti aperti e manovre di corridoio. Meeting privati e proteste pubbliche, incontri di alto livello e colpi bassi, flirt politici e a volte non solo, birre rigorosamente Goldstar e caffè rigorosamente imbevibili. Non mancava davvero nulla degli ingredienti classici di un vero congresso politico all’ultima assemblea della World Union of Jewish Students (WUJS) – l’organizzazione che riunisce le unioni nazionali di studenti ebrei di tutto il mondo – svoltasi a Gerusalemme fra il 30 dicembre ed il 4 gennaio appena trascorsi.
Val la pena partire dalla fine, e cioè dalla notizia con la “n” maiuscola, o per meglio dire dalla non-notizia, riportata anche da vari quotidiani israeliani, per quanto riguarda l’esito probabilmente più atteso del Congresso, vale a dire l’elezione del nuovo chairperson dell’organizzazione per il biennio 2013-14. Ebbene da questo punto di vista l’assemblea si è conclusa con un sorprendente nulla di fatto: fumata nera dal conclave, nessun vescovo è uscito Pontefice.
Fra i due papabili – Liron Politzer, 28 anni, già leader dell’unione studentesca dell’Università di Bar Ilan e aspirante politico, e Chaya Pomeranz, 24, americana di nascita ma israeliana d’adozione fin dalla prima infanzia, un cv professionale e di student leader impressionante nonostante la giovane età – uno aveva per la verità preventivamente ritirato la propria candidatura proprio all’ultimo momento, a pochi minuti dalla votazione, per la sorpresa di tutti i partecipanti e dello stesso comitato di presidenza dell’assemblea. A prescindere dalle motivazioni di tale mossa (preparata a tavolino per mettere in difficoltà l’avversaria o improvvisata per evitare una probabile sconfitta?), l’effetto immediato dell’operazione di Politzer è stato quello di trasformare completamente e repentinamente il tavolo di gioco per le votazioni: sulla base delle disposizioni specifiche dello Statuto WUJS, infatti, la candidata unica rimasta in pista avrebbe dovuto a quel punto accaparrarsi non meno dei due terzi dei voti espressi dai delegati dell’assemblea. Dopo un’infinita riunione a porte chiuse del comitato elettorale, verifiche, riconteggi e probabili mal di testa, il risultato finale: delle centocinquantaquattro schede valide, la superstite candidata Pomeranz aveva ottenuto centodue preferenze, gli altri cinquantadue voti confluendo sull’opzione “re-open nominations”, di fatto un’astensione oppositiva. Calcolatrice alla mano, brividi freddi alla constatazione che per una preferenza la Pomeranz risultava non vincitrice. Affare complicato, la democrazia.
Superfluo riferire dei veleni più o meno apertamente rinfacciati dopo l’esito sorprendente della votazione (peraltro più da parte dei delegati venuti espressamente dai quattro angoli del mondo per partecipare alla nomina del nuovo presidente che da parte degli interessati della votazione). Sicuramente più fruttuoso, viceversa, testimoniare la portata davvero superlativa dell’esperienza WUJS da ogni altro punto di vista, primo fra tutti senza ombra di dubbio l’opportunità impareggiabile d’incontrare e scambiare pareri, problemi e progetti con i rappresentanti delle unioni ebraiche studentesche di più di venti altri Paesi, fra cui Francia e America, Svezia e Inghilterra, Sudafrica e Australia, Svizzera e Turchia, Ucraina e Cile, e ovviamente Israele. Un networking spontaneo e ininterrotto per cinque giorni davvero intensi a base di confronti, scambi d’idee ed opinioni e momenti di divertimento che ha cementato vere amicizie da cui proverranno certamente rapporti forti e probabilmente collaborazioni fattive già nel breve periodo fra l’organizzazione di riferimento per il Belpaese, ovviamente l’Ugei, e i cugini più o meno prossimi ni di vari Paesi europei (e forse non solo), sempre sotto il benevolo cappello della European Union of Jewish Students (EUJS), forte e partecipativa all’assemblea WUJS appena terminata.
Di elevata qualità pure il programma di workshops susseguitisi prima della fatidica assemblea in una successione continua e appassionante. Al di fuori dei panel più spiccatamente di tipo “interno” come quello su antisemitismo/antisionismo o quello sulla “diaspora nella diaspora” degli ebrei fuggiti dal Nord Africa oggi abitanti in vari Paesi europei e altrove, il piatto forte politico del WUJS è stato servito certamente mercoledì mattina con la visita di Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Autorità palestinese, fra i più vicini collaboratori del presidente Abu Mazen. Un confronto molto serrato di quasi tre ore, senza esclusione di colpi, quello fra il diplomatico palestinese e gli studenti ebrei di quattro continenti: se tutti hanno concordato sull’abilità politica di Erekat, più dissonanti sono state le valutazioni nel merito a fine meeting fra i delegati, divisi prevalentemente fra iper-scettici convinti di aver incontrato, sostanzialmente, un “gran furbo”, e scettici fiduciosi, convinti di aver avuto davanti uno fra i pochi leader palestinesi pragmatici e disponibili al compromesso politico. Di grandissimo interesse infine pure l’incontro avvenuto nel pomeriggio di lunedì con Mikail Nabil, giovane blogger e attivista egiziano più volte arrestato e vessato per aver apertamente criticato l’esercito del suo Paese prima, Mubarak poi. Una testimonianza fattiva che, anche in Medio Oriente, le battaglie per i diritti dei popoli e degli individui non sono per forza inconciliabili.

Simone Disegni

(13 gennaio 2013)