Israele al voto – Inglese, la nuova frontiera
È dal 1984 che nel Parlamento israeliano non siede un deputato nato negli Stati Uniti; quasi trent’anni dopo, la Knesset potrebbe vedere di nuovo assegnare qualcuno dei suoi seggi a candidati di lingua madre inglese. Si calcola che attualmente siano circa trecentomila gli israeliani che parlano l’inglese come lingua nativa. Sebbene campagne a essi mirate non siano una novità nello Stato ebraico, gli analisti notano che mai come quest’anno lo sforzo di raggiungere questo bacinoelettorale si sia fatto intenso e sofisticato. Il quotidiano online Times of Israel sottolinea come i candidati di origine statunitense proposti nelle liste di vari partiti (come Jeremy Gimpel di Habayit Hayehudì, Alon Tal di Hatnua e il rabbino Dov Lipman di Yesh Atid) organizzano eventi elettorali nei salotti degli americani d’Israele, mentre i loro leader tengono sempre più comizi in inglese.
Nonostante siano portatori di visioni politiche diverse, Gimpel, Tal e Lipman concordano che in generale i cittadini israeliani di origine americana tengono a rafforzare i valori democratici dello Stato, e a risolvere il problema dell’eccessiva frammentazione delle sue istituzioni politiche. E mentre una parte di loro appartiene all’ebraismo modern orthodox e sostiene con entusiasmo il sionismo religioso più radicale e gli insediamenti (caratteristiche che rappresentano lo stereotipo dell’americano in Israele agli occhi di molti sabra), in tanti hanno idee differenti.
Se è vero che l’Aliyah dagli Stati Uniti cresce sempre di più, qualcuno si domanda se arriverà il momento in cui gli americani seguiranno l’esempio degli immigrati dall’ex Unione Sovietica e fonderanno il proprio partito (nel caso russo si trattò di Yisrael Beytenu). Ma molti notano che, pur identificandosi in modo particolare con i candidati che condividono il loro stesso background, a stelle e strisce, questi nuovi cittadini tendono a inserirsi nella società israeliana generale molto più degli olyim russi.
“C’è una certa attitudine degli immigrati americani a sforzarsi di essere più israeliani degli israeliani stessi – ha spiegato al Times of Israel Gil Troy, già professore di storia della McGill University, oggi docente al Jerusalem’s Shalom Hartman Institute – Poiché molti di loro provano frustrazione per l’inadeguatezza del proprio ebraico, vogliono cercare di compensare la situazione evitando di porsi come comunità separata”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(15 gennaio 2013)