Ticketless – Il Po gelato
Quante volte si attraversa il Po, viaggiando in treno da Torino a Ferrara (o viceversa)? A seconda del tragitto scelto, tre volte, forse di più. Quando mi capita di fare questo viaggio in prossimità del 27 gennaio, Giorno della Memoria, mi perseguita una doppia memoria letteraria, quella del Po gelato. L’ultima volta che si è verificato il fenomeno fu nel 1929. La foto qui a fianco, trovata in rete (ma bisognerebbe fare un’indagine più (accurata), è stata scattata in Polesine nel gennaio del 1929. In quell’inverno Primo Levi era un bambino di dieci anni, Giorgio Bassani di anni ne aveva tredici. E’ curiosa la simmetria fra due scrittori, che s’ignorarono in vita, ma conservano lo stesso ricordo di quel gelido inverno. Nel cap. VI di “Lida Mantovani”, la seconda delle “Storie ferraresi”, si legge: “Nessuno ha certo dimenticato l’inverno del 1929. Per trovare un inverno simile bisognava rifarsi al 1903, quando il Po aveva gelato…”. Nel 1929, né Bassani né Levi potevano immaginare il Po insanguinato: la loro fantasia era dominata dalla felicità infantile del gioco sul ghiaccio. Un doppio ricordo gioioso, che ci riconcilia con la vita nel Giorno in cui ogni anno siamo chiamati, talvolta con fatica, a commemorare. Quando ritorno a casa e attraverso il Ponte Isabella ogni ogni anno, in queste settimane, guardo l’ansa del fiume in direzione del Monviso, là dove nasce. Ogni anno cado vittima di un’illusione ottica: vedere uno dei personaggi più straordinari del racconto inaugurale del “Sistema periodico” (“Argon”). Magnavigàia, ossia Zia Abigaille, che “da sposa era entrata in Saluzzo a cavallo d’una mula bianca, risalendo da Carmagnola il Po gelato”.
Alberto Cavaglion
(16 gennaio 2013)