I grandi tormenti della campagna elettorale tra social network, english e trasversalità

“Non capisco perché a ogni elezione la gente è sorpresa dalle nuove tecnologie disponibili. È insito nella natura della tecnologia che, passando del tempo, a ogni tornata si presentino delle novità” aveva dichiarato nel 2010 Michael Slaby, responsabile dell’innovazione e dell’integrazione della campagna che ha portato alla rielezione il presidente Barack Obama lo scorso novembre. A lui il merito dello straordinario successo della campagna attraverso i nuovi media. Ma quali sono state allora le novità delle ultime elezioni israeliane? Sicuramente i social network hanno confermato di essere, anche in Israele, la nuova frontiera della comunicazione con l’elettorato. Tra i social network, il primato è andato sicuramente a Facebook (su cui è attivo circa la metà dell’intera popolazione israeliana), dove gli esponenti di primo piano della scena politica hanno dimostrato di essere ben presenti con le loro pagine fan, che contano decine di migliaia di sostenitori, se non centinaia di migliaia, come nel caso di Benjamin Netanyahu. Da notare però come diversi giornali abbiano messo in guardia dal prendere i numeri diffusi come necessariamente autentici, denunciandone la facilità di manipolazione attraverso l’acquisizione di fan a pagamento. Un altro fenomeno interessante è stato il ruolo di primo piano giocato dalla lingua inglese. I partiti hanno lavorato molto per conquistare il bacino elettorale di quei 300mila israeliani circa che parlano l’inglese come lingua madre, sia attraverso la selezione di candidati con un analogo background, sia con comizi e interventi ad hoc da parte dei vari leader. Una tendenza che si è inquadrata nel generale tentativo delle formazioni politiche di raggiungere il maggior numero possibile di settori della società, un impegno emerso anche per esempio dallo sforzo di trasversalizzare i temi riguardanti il rapporto fra società ed ebraismo, con partiti di ispirazione religiosa che hanno proposto anche candidati laici e viceversa. Infine un’ultima curiosità: se Israele è il paese con il maggior numero di giornalisti stranieri per abitante, queste elezioni hanno ricevuto una copertura mediatica molto più scarsa del passato, addirittura c’è chi parla del 50 per cento di giornalisti in meno del 2009. A farlo notare è stato il quotidiano Haaretz che ha sottolineato come il dato sia dovuto a una percezione da parte dei mezzi di comunicazione di andare incontro a un risultato scontato.

(22 gennaio 2013)