Milano – La città che non dimentica
È una folla interminabile, incontenibile, quella che sfila e s’inchina davanti al Muro dell’Indifferenza che la Testimone Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ha tenuto accogliesse i visitatori del Memoriale della Shoah di Milano, inaugurato dopo anni di impegno di chi per questo progetto si è speso senza risparmiarsi. Tantissimi i cittadini pronti a fare ore di coda per visitare quei sotterranei della stazione, quel Binario 21, da cui quasi settant’anni fa partirono i treni per i campi di sterminio. Innumerevoli le autorità locali e nazionali, i leader politici, i rappresentanti della società civile venute a testimoniare a fianco del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e al vicepresidente Roberto Jarach che ha fatto gli onori di casa della Fondazione Memoriale della Shoah Binario 21 la propria soddisfazione per il completamento del progetto: dal presidente del Consiglio Mario Monti insieme al ministro della cooperazione Andrea Riccardi, al sindaco della città lombarda Giuliano Pisapia, al governatore della Regione Roberto Formigoni e al presidente della Provincia Guido Podestà, a tanti esponenti del mondo politico, da Silvio Berlusconi a Roberto Maroni, da Gabriele Albertini a Emanuele Fiano. Fra loro anche l’arcivescovo di Milano Angelo Scola e i vertici della Coreis islamica, il segretario generale della Cgl Susanna Camusso, i presidenti dell’Associazione nazionale partigiani italiani e dell’Associazione nazionale ex deportati Carlo Smuraglia e Giancarlo Maris, Lily Safra, che con la Fondazione che porta il nome di suo marito Edmond J. Safra, ha dato un contributo fondamentale alla realizzazione dell’opera. In prima fila anche i vertici dell’ebraismo italiano e milanese: a coordinare la cerimonia è stato il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, che analogo ruolo ricopre nella Fondazione Memoriale della Shoah, il presidente della Comunità di Milano Walker Meghnagi, il rabbino capo Alfonso Arbib, il rabbino capo emerito Giuseppe Laras, il presidente dell’Assemblea rabbinica italiana Elia Richetti, il direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’UCEI rav Roberto della Rocca, insieme a numerosi consiglieri dell’Unione tra cui anche Giorgio Sacerdoti, presidente della Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea, e Liliana Picciotto, storica che del Cdec è punto di riferimento, e che ha curato l’edizione italiana del volume Portare testimonianza, traduzione del catalogo dello Yad Vashem di Gerusalemme (e proprio da Yad Vashem, dove in contemporanea si svolgeva una cerimonia per il Giorno della Memoria ha portato il suo saluto l’ambasciatore italiano in Israele Francesco Talò), poi anche il direttore del Cdec Michele Sarfatti. Accanto a Liliana Segre, tre sopravvissuti allo sterminio, Nedo Fiano, Goti Bauer e Franco Shoneith.
E con i ringraziamenti “verso coloro che hanno offerto il proprio contributo in termini di idee, di tempo, di risorse” ha voluto accogliere il pubblico Jarach con grande commozione, sottolineando come questo progetto che vuol fare emergere il percorso compiuto dai deportati, dai camion che li portarono lì da San Vittore, ai vagoni verso lo sterminio e al Muro dei nomi che li ricorda, sia stato “fortemente voluto da due capi di Stato e accolto da tutte le autorità locali”, prima di lasciare la parola al direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, che presiede la Fondazione Memoriale.
“Lo avevamo promesso a Liliana, a Goti, a Nedo, a coloro che furono deportati perché partigiani o oppositori politici: oggi colmiamo una pagina di storia che nessuno aveva avuto finora il coraggio di riempire. Che questo Memoriale possa divenire un piccolo ateneo di civiltà per evitare di scivolare in quella zona grigia che è l’anticamera della complicità” ha auspicato de Bortoli.
“La Memoria non è un puro ricordo, ma un’opera di edificazione del presente – le parole del cardinale Scola – Non mi sfuggono le responsabilità storiche di alcuni figli della Chiesa, per le quali Giovanni Paolo II affermò il suo rimpianto quando visitò lo Yad Vashem. Possa oggi il legame fra ebrei e cristiani rappresentare terreno fecondo per il dialogo fra tutte le religioni, prima di tutto con gli altri figli di Abramo, i musulmani. Possa Milano divenire sempre più luogo di incontro, e questo Memoriale un simbolo della nuova ambrosiana civiltà”.
“È molto importante sottolineare il fatto che questo è un memoriale, non un museo – ha tenuto a mettere in evidenza rav Arbib – Un museo racconta qualcosa di concluso. Il memoriale invita a riflettere su qualcosa che non è detto sia passato. L’odio antiebraico non è passato. Dobbiamo chiederci cosa impedirebbe oggi che si ripetesse lo stesso percorso degli avvenimenti di allora. Dobbiamo avere il coraggio di ricordare che l’uomo non è solo bontà, ma anche male. Solo con questa consapevolezza possiamo impedire che tutto accada di nuovo”.
E la necessità di vigilare, di costruire consapevolezza attraverso la conoscenza e lo studio, di fare in modo che non soltanto le leggi, ma la società italiana ed europea rigettino l’aberrazione, è stato al centro dell’intervento del premier Monti “Oggi siamo qui per un debito di memoria, non soltanto per commemorare il passato ma anche per costruire il futuro, un futuro costruito su valori di convivenza che non dobbiamo mai dare per scontati, come ci ricordano i recenti fatti di Napoli”.
“Ricordiamo sempre che banalizzare il male significa accettarlo – il monito lanciato dal ministro Riccardi, che come fondatore di Sant’Egidio molto si è speso per il progetto – Inaugurare questo Memoriale vuol dire non ridurre il ricordo a rituale”.
Grande soddisfazione è stata espressa anche da Pisapia “Oggi realizziamo un piccolo miracolo milanese e italiano. Diventato realtà grazie a quello che abbiamo visto oggi, all’impegno condiviso di tutti. Ricordando sempre che se tutto quello che accadde fu possibile, lo dobbiamo all’indifferenza di troppi. Ma anche che accanto a loro, ci fu chi si impegnò nella lotta contro il nazifascismo, di cui Milano Medaglia d’oro alla Resistenza è un grande simbolo”.
A portare i propri saluti anche Guido Podestà e Roberto Formigoni, che hanno sottolineato il dovere di interrogarsi sul perché tali fanatismi raggiunsero un consenso tanto ampio.
“Il percorso della Memoria ricorda a tutti l’importanza del rispetto per la persona umana. Che non significa piangersi addosso, ma prendere un impegno verso il futuro” è intervenuto il rav Laras, in nome di tutti gli enti che diedero l’impulso iniziale UCEI, Comunità ebraica milanese, Associazione Figli della Shoah, Fondazione Cdec, Sant’Egidio.
A prendere la parola anche il padrone di casa, l’amministrazione delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, che ha ricordato la sua prima volta nei sotterranei della stazione del 1978 “Per rompere il muro dell’indifferenza, voglio menzionare che insieme alle Ferrovie francesi abbiamo dato vita al progetto Coraggio dell’Europa, per aprire i nostri archivi e recuperare nuovo materiale su quello che avvenne all’epoca”.
A chiudere la cerimonia, ancora le parole di Liliana Segre, che con il rombo dei treni in sottofondo, oggi come allora, ha raccontato di quel giorno, il 30 gennaio 1944 in cui passò dal Binario 21 verso Auschwitz. “Io c’ero allora. Racconterò come andarono le cose. Ma soprattutto chiedo a ognuno di spendere un momento per immedesimarsi in ciascuna di quelle centinaia di persone, nel terrore, nella sofferenza di chi passò da qui, che fu spinto dentro questi locali solo per la colpa di essere nato”.
Rossella Tercatin – twitter @rtercatinmoked
Per una società che sceglie il dialogo e la solidarietà
Vede la luce il 27 gennaio 2013 la parte storica del Memoriale della Shoah della Stazione centrale di Milano, dopo tre anni di lavori, e grazie alle generose donazioni di privati, fondazioni e istituzioni pubbliche. Un’opera che nasce dall’idea di un ristretto gruppo di iscritti alla Comunità ebraica di Milano di creare nella nostra città un centro per il confronto, la conoscenza e la coesistenza delle diverse realtà della società milanese, in un contesto sempre più multietnico e multiculturale. La sensibilità dimostrata dai responsabili delle Ferrovie dello Stato e soprattutto il diretto interessamento degli ultimi due Capi dello Stato, hanno portato al passaggio dell’idea iniziale di un edificio da reperire alla disponibilità degli spazi di Via Ferrante Aporti, sottostanti alla Stazione centrale, dove vennero caricati di deportati religiosi e politici interi convogli di carri piombati destinati ai campi di sterminio e ai campi di prigionia del Nord Europa. Nacque e si sviluppò quindi il progetto di un Memoriale della Shoah che, al termine della visita di un luogo così carico di valori storici ed emozionali, potesse portare soprattutto le nuove generazioni a sviluppare il proprio senso civico, facendole crescere con valori di tolleranza e accettazione del diverso, per creare una società sempre più orientata alla coesistenza di diverse componenti e solidale verso i deboli e i bisognosi. Apre quindi in questi giorni la parte storica riportata alla sua struttura originaria, ripulita dalle stratificazioni succedutesi negli anni per i diversi usi cui l’area è stata dedicata, con la realizzazione di un percorso che accompagna i visitatori sulle orme dei deportati sino ai quattro vagoni dell’epoca uguali a quelli effettivamente utilizzati. L’opera di volontari del Museo delle Industrie e del Lavoro saronnese, sotto la guida del CIFI (Collegio ingegneri ferroviari italiani – Sezione di Milano), e con il sostegno di alcune ditte del settore, ha dato la possibilità di rendere alcuni vagoni attraversabili, creando una situazione emotiva impareggiabile, grazie anche a una illuminazione frutto di un impegnativo lavoro progettuale. Illuminazione che tocca l’apice di efficacia nel secondo binario dove il Muro dei Nomi e le piastre inserite nella banchina rievocano tutti i convogli partiti da quel luogo “per ignota destinazione” e ricordano alcuni di coloro che non ritornarono da quei viaggi. Il Luogo di riflessione completa la parte del Memoriale che viene aperta con la cerimonia del 27 Gennaio. Restano da completare gli spazi al piano interrato con la Biblioteca (da 45 mila volumi) e l’auditorium (da 200 posti) con i relativi spazi operativi e complementari. Un ultimo sforzo della Fondazione del Memoriale, dovrebbe consentire di reperire i fondi ancora necessari in tempi contenuti. Si potrà progressivamente dare attuazione al programma educativo e formativo per i giovani, ma non solo per loro, che rimane il vero fine di questa opera impegnativa. Vorrei in conclusione ringraziare le istituzioni locali (Comune, Provincia, Regione), le Ferrovie dello Stato e le Associazioni che dalla creazione della Fondazione del Memoriale hanno dato il proprio contributo per iniziare i lavori e portarli avanti superando ostacoli e difficoltà, e ringraziare tutti i donatori, dai maggiori ai più piccoli, che ci hanno fornito gli stimoli per condurre in porto l’operazione. Significativo e importante il contributo della Fondation Philantropique Edmond J. Safra, al momento unico donatore estero, che ha consentito di dare il nome di Edmond J. Safra alla piazza antistante l’ingresso del Memoriale. Ci aspettiamo che il Memoriale diventi un fondamentale anello della catena che lega nel mondo i Memoriali, i Musei e le Fondazioni attive nel campo dello studio e della ricerca sulla Shoah, per guardare con fiducia a un futuro nel quale le atrocità del passato non possano ripetersi.
Roberto Jarach, vicepresidente UCEI, Pagine Ebraiche febbraio 2013
De Bortoli: “Un luogo per riconciliarsi con il passato”
“Per tanti anni questo è stato un luogo dimenticato. Un teatro della tragedia del Novecento che, dopo aver assistito agli orrori, è tornato semplicemente a fungere da deposito per le ferrovie. Oggi questo posto torna a essere ciò che sarebbe dovuto sempre essere stato. Un luogo di Memoria. Che non ricorda soltanto il dramma del popolo ebraico, ma aiuta tutti i milanesi a riconciliarsi con il proprio passato”. A raccontare in questo modo il Memoriale della Shoah in un colloquio con Pagine Ebraiche è il presidente della Fondazione Ferruccio De Bortoli. Un impegno, quello per il Memoriale, che il direttore del Corriere della Sera spiega di aver accettato con grande orgoglio. De Bortoli costituisce un osservatore privilegiato della realtà meneghina e sottolinea lo straordinario significato che il completamento del progetto assume nell’anima di una città che negli anni bui tradì i suoi cittadini e lì mandò innocenti a morire nella fredda indifferenza generale. “Con questo Memoriale, Milano ha avuto l’opportunità di dimostrare la sua sensibilità e la sua capacità non comune di fare i conti con il passato. E di offrire anche un grande gesto d’amore a quei cittadini milanesi che all’epoca non furono difesi, né per tanti anni ricordati”. Fare i conti con il passato sembra un’attività particolarmente difficile in l’Italia, dove il processo di presa di coscienza collettiva dei torti che furono perpetrati durante la Shoah sembra più indietro rispetto ad altri paesi d’Europa. “Penso che molto sia stato fatto con il Giorno della Memoria – il commento del direttore del Corriere – Naturalmente è stata fondamentale anche l’opera di tanti storici, cui dobbiamo dire grazie per la vasta letteratura scientifica su cui oggi possiamo contare per valutare le responsabilità italiane, le leggi razziste, le complicità, i silenzi”. E ammettere le colpe e gli errori che furono commessi, è importante anche “per apprezzare fino in fondo la straordinaria solidarietà di chi invece si ribellò al male, una scelta che assume ancora più valore se confrontata con l’amara realtà della storia” sottolinea De Bortoli. Il quale mette in evidenza anche la necessità di un particolare sforzo volto a evitare la ripetitività e la retorica negli eventi legati al Giorno della Memoria, a più di dieci anni dalla sua istituzione. “È importante specialmente nei confronti dei più giovani, che potrebbero non capire per quale ragione si dedica un’attenzione particolare a queste vicende se raggiunti da messaggi veicolati nel modo sbagliato”. Essere riusciti a inaugurare il Memoriale della Shoah di Milano, nonostante la crisi economica, e le difficoltà che hanno costretto a “rateizzare” la realizzazione dei vari spazi (rimangono infatti ancora da completare la biblioteca e l’auditorium), rappresenta per il giornalista “un gesto di speranza e di fiducia. Perché un paese in pace con il proprio passato è un paese più giusto, più forte, più capace di affrontare la propria storia attuale, la propria quotidianità e i fenomeni di intolleranza e razzismo che l’affliggono”.
Pagine Ebraiche febbraio 2013
(27 gennaio 2013)