Gattegna: “Contro ogni forma di razzismo”
Di seguito il testo del discorso pronunciato dal presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna al Quirinale per il Giorno della Memoria.
Illustre e caro Presidente Napolitano, illustri autorità, cari amici, carissimi ragazzi, è sempre emozionante prendere la parola qui, nel Palazzo del Quirinale, per la cerimonia ufficiale del Giorno della Memoria, che è ormai un appuntamento pubblico molto significativo per le Istituzioni, per i cittadini, per tutto il Paese. Quest’anno, caro Presidente Napolitano, c’è una ragione in più per essere emozionati, sapendo che si sta avvicinando la conclusione del Suo settennato.
Voglio, pertanto, esprimerLe la stima e l’apprezzamento di tutte le comunità ebraiche italiane per aver dato solennità e ufficialità a questo momento, per aver voluto rinsaldare la consuetudine di ricordare il Giorno della Memoria in questo Palazzo, nella casa di tutti gli italiani. Sono segnali importanti, dai quali sono derivate indicazioni chiare sulla sensibilità con cui applicare la legge istitutiva, per trasmettere ai giovani la Memoria della Shoah e gli insegnamenti di storia e di vita che si possono trarre dallo studio e dall’approfondimento delle tragiche vicende di quegli anni.
Come sempre, abbiamo messo al centro del nostro impegno i giovani, il mondo della scuola, l’educazione, il loro futuro: quindi il futuro del nostro Paese.
Alcune delle iniziative promosse cominciano a dare i primi frutti. Pochi giorni fa ero ad Auschwitz-Birkenau, con il Ministro Francesco Profumo e con il Ministro Paola Severino, due rappresentanti delle istituzioni e due persone con le quali abbiamo stabilito un rapporto di collaborazione, di stima e di amicizia che ha reso più efficace la pianificazione e la realizzazione del lavoro in comune. Con noi erano presenti alcuni testimoni, e 130 ragazzi in viaggio di studio nei luoghi dello sterminio nazista. Alcuni di quei ragazzi sono qui oggi tra noi e ascolteremo le loro riflessioni.
Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della rivolta nel ghetto di Varsavia, l’eroico tentativo di resistenza messo in atto da gruppi di giovani ebrei, asserragliati in poche vie chiuse da un muro di cinta, che nel 1940 erano arrivate a contenere, in condizioni disumane, mezzo milione di persone.
Nell’aprile del 1943, quando la popolazione del ghetto, decimata dalle deportazioni, dalle malattie e dalla mancanza di mezzi di sussistenza era ridotta a 70.000 persone, di fronte ad un nuovo tentativo di compiere un’ultima e definitiva deportazione di massa, i combattenti insorsero eroicamente contro un nemico cinico, brutale e dotato di una schiacciante superiorità di uomini e di mezzi, al quale opposero per oltre un mese una tenace resistenza.
Gli ebrei, privati di ogni diritto, anche di quello di vivere, vittime predestinate della “Soluzione finale”, tentarono, quando fu possibile, di combattere, anche senza alcuna speranza di salvezza. La loro scelta fu di morire in modo diverso da quello che era stato pianificato dai carnefici, combattendo.
Ha scritto Marek Edelman, uno dei capi della rivolta del ghetto di Varsavia e fra i pochissimi sopravvissuti: “Il 10 maggio 1943 finisce la storia drammatica degli ebrei di Varsavia. Il luogo in cui sorgeva il ghetto è ridotto ad una montagna di macerie alta due piani. Coloro che sono caduti hanno compiuto il loro dovere fino in fondo, fino all’ultima goccia di sangue. Sangue che è stato assorbito dalla terra stessa del ghetto di Varsavia. Noi, che siamo sopravvissuti, lasciamo a voi il compito di non far morire la loro memoria”.
Rivolte ebraiche avvennero perfino nei campi di sterminio, portate avanti da prigionieri stremati, privati di tutto, ma non della volontà di resistere.
Un’altra vicenda che pienamente si intreccia con i destini della nostra identità, e che smentisce il luogo comune che gli ebrei abbiano subito passivamente le persecuzioni e lo sterminio, è quella della Brigata Ebraica, che si rese protagonista di uno dei momenti più significativi dell’azione di affrancamento dell’Italia dal giogo fascista e nazista.
Questo corpo straordinario, formato da oltre settemila volontari provenienti da molti Paesi, si rivelò decisivo per la liberazione di vaste aree, in particolare dell’Emilia e della Romagna, nei dintorni di Imola e di Ravenna. Attraversando il fiume Serio, realizzarono il primo sfondamento della Linea Gotica, che costrinse i fascisti e i nazisti alla ritirata; molti di loro furono poi artefici dell’indipendenza dello Stato di Israele. I caduti della Brigata Ebraica sono tumulati nel cimitero di Piangipane nei pressi di Ravenna.
Ancora oggi ci giungono notizie di episodi di razzismo, di intolleranza, di pregiudizio, di antisemitismo sia nella nostra Italia che in Europa. Sappiamo che stanno rinascendo gruppi, movimenti e partiti, che hanno il neofascismo e il negazionismo come parte integrante del loro programma. Pensiamo con preoccupazione all’Ungheria e alla Grecia, dove questi gruppi stanno conquistando consensi e riconoscimenti.
E’ la prova che bisogna restare in guardia.
A voi, ragazzi, raccomando: non ignorate anche i più piccoli segnali, non volgete lo sguardo dall’altra parte, se vi capita di assistere a soprusi e ingiustizie.
Per concludere vorrei ricordare che la Resistenza non si fa soltanto con le armi, ma anche con la cultura e con la corretta conoscenza dei fatti storici. Cosa significa “resistere” ce lo dimostra anche la tenacia di Rita Levi Montalcini che ci ha lasciati da poco. All’epoca della legislazione antiebraica non rinunciò a portare avanti i suoi esperimenti nel laboratorio clandestino allestito in un paese dell’Astigiano dove aveva trovato rifugio. Rita ci lascia in eredità un bene prezioso: il coraggio delle idee, la forza di saperle portare avanti nel tempo, oltre qualsiasi ostacolo.
Cari ragazzi, siate sempre ambasciatori di libertà e di speranza.
A Lei, Presidente, rivolgo un affettuoso saluto e un sincero ringraziamento per quanto ha fatto e continuerà a fare per la Memoria, e per il futuro del nostro Paese.
Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(29 gennaio 2013)