Memoria – L’impegno del Quirinale
È determinato ed esplicito riguardo alle responsabilità italiane per quanto avvenne durante le persecuzioni e la Shoah nell’Italia fascista, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel celebrare il suo ultimo Giorno della Memoria al Quirinale e nel ripercorrere in questa circostanza – a fianco del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo – le iniziative svolte negli ultimi anni per “una sempre più larga, partecipata e creativa consapevolezza dell’aberrazione introdotta anche in Italia dal fascismo con l’antisemitismo”. Forte e inequivocabile anche il richiamo a vigilare “contro i revisionismi” pronunciato in una sala colma di giovanissimi, rappresentanti istituzionali, del mondo della cultura e della società civile oltre ai ragazzi che hanno preso parte al concorso I giovani ricordano la Shoah. Ad ascoltarlo, tra gli altri, il presidente del Consiglio Mario Monti, il presidente del Senato Renato Schifani, il presidente della Camera Gianfranco Fini, il ministro della Giustizia Paola Severino e quello degli Esteri Giulio terzi di Sant’Agata, il presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick, l’ambasciatore d’Israele in Italia Naor Gilon. Folta la rappresentanza delle comunità ebraiche: per il Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane il vicepresidente Giulio Disegni, e i Consiglieri Noemi Di Segni, Giorgio Sacerdoti e Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma; il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, il presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia Susanna Calimani, il presidente del Museo della Shoah di Roma Leone Paserman, i parlamentari Fiamma Nirenstein e Alessandro Ruben.
Nel suo intervento, pronunciato in un’atmosfera di grande commozione, il Presidente della Repubblica ha spiegato come, nella coscienza democratica del paese “si siano consolidati alcuni punti fermi come il rifiuto intransigente e totale dell’antisemitismo in ogni suo travestimento ideologico come l’antisionismo”. Perché, ha evidenziato, “in gioco non è solo il rispetto della religione, della tradizione storica, della cultura ebraica, ma insieme con esso inscindibilmente il riconoscimento delle ragioni spirituali e storiche della nascita dello Stato di Israele e quindi del suo diritto all’esistenza e alla sicurezza”.
Rivolto al presidente Gattegna, intervenuto poco prima con una testimonianza di stima e gratitudine a nome di tutti gli ebrei italiani, Napolitano ha voluto condividere l’emozione “nell’accomiatarci dopo sette anni, per quel che mi riguarda almeno nelle funzioni di presidente della Repubblica”. È stato, ha sottolineato a proposito del comune lavoro finalizzato a una Memoria viva e proiettata al futuro, “tra gli impegni ricorrenti con cui mi sono maggiormente identificato, dal punto di vista non solo istituzionale ma personale, in senso intellettuale e morale”.
Scuola, Memoria, consapevolezza. Parole chiave che hanno costituito il baricentro delle riflessioni non solo del ministro Profumo e del presidente Gattegna ma anche di Ferrucio De Bortoli, direttore del Corriere della sera e presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, che ha condotto la cerimonia.
Il messaggio di Gattegna, rivolto alle nuove generazioni affinché siano ambasciatrici “di libertà e di speranza”, ha toccato i punti salienti di quale sia oggi l’impegno e il patto per la Memoria con i più giovani – un processo che trae nuova linfa dalle due importanti intese firmate pochi giorni fa a Cracovia con i ministri Profumo e Severino – e si è soffermato sulle specificità del tema sviluppato per questo 27 gennaio: il coraggio di resistere declinato da un punto di vista ebraico nelle molte rivolte e insurrezioni contro gli aguzzini che ebbero luogo in Italia e in tutta Europa sfatando il cliché dell’ebreo vittima della storia e delle sue pieghe più atroci. Ad essere citata, tra le altre, l’eroica esperienza di quanti presero parte alla rivolta del Ghetto di Varsavia nella struggente narrazione di Marek Edelman, di cui sono risuonate le parole racchiuse in “Il ghetto di Varsavia lotta”. Il passato, il suo ricordo e la sua comprensione affinché determinate situazioni non abbiano a ripetersi: una lezione drammaticamente attuale. “Ancora oggi – ha proseguito Gattegna – ci giungono notizie di episodi di razzismo, di intolleranza, di pregiudizio, di antisemitismo sia nella nostra Italia che in Europa. Sappiamo che stanno rinascendo gruppi, movimenti e partiti, che hanno il neofascismo e il negazionismo come parte integrante del loro programma. Pensiamo con preoccupazione all’Ungheria e alla Grecia, dove questi gruppi stanno conquistando consensi e riconoscimenti. A voi ragazzi raccomando di non ignorare anche i più piccoli segnali. Non volgete lo sguardo dall’altra parte se vi capita di assistere a soprusi e ingiustizie”.
“La Shoah – ha affermato il ministro Profumo – rappresenta uno spartiacque nelle vicende umane, segnando per sempre un prima e un dopo. Un tarlo insinuato nelle coscienze, ingannate da folli ideologie che, anziché guardare alla vita, progettavano lo sterminio dell’uomo contro l’uomo. Vegliare affinché quel tarlo non si diffonda mai più non è solo un dovere verso il popolo ebraico, della cui sofferenza purtroppo fu responsabile anche una parte fondamentale del nostro Paese, ma è un imperativo morale per l’intera umanità”. Valori che sono stati proiettati con numerose iniziative in tutte le scuole italiane. Il suo bilancio, in conclusione di mandato, è a tinte estremamente positive: “In questo anno e mezzo – ha spiegato – abbiamo incontrato insieme centinaia di studenti, raccogliendo le loro riflessioni, parole e aspirazioni. Da ministro, con l’aiuto delle tante professionalità del ministero che ringrazio personalmente, abbiamo visitato molte scuole, da Nord a Sud, viaggiato all’estero. E personalmente porterò sempre con me gli sguardi, le domande, la voglia di futuro e speranza dei nostri ragazzi”. Il ministro ha quindi parlato di scuola come terreno “in grado di far fruttare le competenze acquisite” ma anche come luogo dove dare concretezza “ai valori e alla consapevolezza”. Il male commesso ai danni del popolo ebraico non potrà essere pertanto sanato dalla celebrazione annuale del 27 gennaio: “Giorno per giorno – ha infatti concluso – sarà necessario il nostro impegno affinché la testimonianza diventi azione concreta in difesa delle vittime dell’intolleranza e della barbarie. ‘Mai più’ è il monito che tutti dobbiamo levare a tutela di ogni forma di violenza e discriminazione”.
Adam Smulevich
(29 gennaio 2013)