Ed Koch (1924-2013)

Grande protagonista di tanti eventi cruciali dell’ultimo secolo, a cominciare dalla lotta al Nazismo, Ed Koch, leggendario sindaco di New York tra il 1978 e il 1989, è scomparso all’età di 88 anni. A raccontare la sua personalità meglio di ogni altro scritto è l’epitaffio che lui stesso compose dopo aver superato un infarto nel 1987: “Fu fieramente orgoglioso della sua fede ebraica. Fieramente difese la città di New York e amò i suoi cittadini. Più di ogni altra cosa, amò il suo paese, gli Stati Uniti d’America, nel cui esercito servì durante la seconda guerra mondiale”.
Edward Irving Koch era nato nel 1924 nel Bronx da genitori ebrei immigrati negli USA dalla Galizia. Nel 1943, ansioso di andare in Europa a combattere Hitler, nascose una grave ferita alla mano pur di essere arruolato. Nell’esercito era pronto a fare a pugni con chiunque indirizzasse commenti antisemiti a lui o ai suoi commilitoni ebrei (cosa che accadeva piuttosto di frequente). Ferito durante i combattimenti in Germania, fu rimandato negli Stati Uniti per tornare in Europa al termine della guerra chiamato a portare avanti un’opera di denazificazione di una cittadina bavarese: fu la sua prima esperienza da amministratore.
Nel 1946, pur non avendo terminato la laurea di primo livello, convinse la prestigiosa New York University ad accettarlo alla facoltà di legge, mantenendosi nel frattempo attivo in campo ebraico (frequentava la sinagoga conservative Flatbush Jewish Center e l’organizzazione giovanile Young’s People’s League).
Cominciò a occuparsi attivamente di politica all’inizio degli anni Cinquanta, e nel 1969 fu eletto al Congresso nelle file del Partito democratico. I suoi otto anni da deputato furono caratterizzati da votazioni di stampo progressista, ma con uno stile volto alla mediazione, nonché da una forte passione per i temi legati allo Stato d’Israele, che visitò più volte incontrando i principali esponenti del mondo politico.
Nel frattempo la città di New York viveva uno dei suoi periodi più bui, tormentata dallo spettro dell’altissimo tasso di criminalità e da quello della bancarotta. Koch si candidò a sindaco e fu protagonista di una campagna elettorale all’attacco, mettendo in luce le sue competenze, auto-definendosi “un liberal dotato di sanità mentale”, enfatizzando il suo supporto alla pena di morte, salendo alla ribalta nazionale per le sue critiche alla politica mediorientale del presidente democratico Jimmy Carter. Eletto, fu capace di ottenere successi fulminanti. Nel suo primo giorno bandì le discriminazioni implementate dalla città in base all’orientamento sessuale (un tema che gli rimase sempre particolarmente a cuore: pur rifiutando di discutere la propria sessualità in pubblico, Koch fu spesso attaccato in questo versante, come avvenne nel 1977 quando manifesti elettorali apparvero con la scritta “Vote for Cuomo, Not the Homo” in sostegno del suo avversario, e futuro governatore dello Stato di New York, Mario Cuomo). Koch Migliorò la gestione, abolì la politicizzazione delle nomine dei dirigenti, istituendo una commissione di esperti indipendenti per il vaglio dei candidati. Persuase il Congresso a mettere in atto un’operazione di salvataggio finanziario per New York, e riuscì ad arrivare al pareggio di bilancio in un tempo minore di quello previsto. Nel 1981 fu trionfalmente rieletto con sostegno bipartisan. Solo i suoi rapporti con le comunità povere afro-americane si mantennero difficili, in particolare dopo la sua decisione, nel 1980, di chiudere l’ospedale Sydenham, che ne costituiva un punto di riferimento.
Fu Koch a varare un piano di riqualificazione edilizia che nei decenni successivi ha portato a ridisegnare il volto di New York (nel 2001 la maggior parte delle aree degradate della città erano state ristrutturate).
Ma nonostante gli innegabili successi, il suo terzo mandato da sindaco fu caratterizzato dall’emergere di episodi di corruzione nel suo entourage (nonostante la personale integrità del sindaco non fu mai messa in discussione), da un aumento vertiginoso dei decessi per Aids e del numero dei senzatetto. Dopo una campagna elettorale burrascosa, fu sconfitto alle primarie democratiche da David Dinkins (il primo e finora unico afro-americano a ricoprire la carica di sindaco di New York).
In un’intervista al New York Times nel 2009, Koch, ottantaquattrenne, aveva raccontato con mordace ironia al giornalista Sam Roberts tutti i dettagli del suo funerale, già pianificato allora, a partire da quell’epitaffio. Funerale che si svolgerà nella giornata di lunedì, al Temple Emanuel, proprio come Koch aveva deciso cinque anni fa (tra i vari oratori, prevista anche la presenza dell’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton).
“Spero che mi ricorderanno come qualcuno che ha amato la città di New York e i suoi cittadini, e che ha fatto tutto ciò che era in suo potere per rendere la loro vita migliore” aveva dichiarato Koch nella sua ultima intervista televisiva, solo qualche settimana fa.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked

(3 febbraio 2013)