Tea for Two – Un’amica che promette di restare

Se c’è una cosa che si impara seguendo un corso di bibliografia e biblioteconomia, oltre all’esistenza di un certo Ranganathan, è l’importanza delle biblioteche e delle loro risorse. Ora, il messaggio è piuttosto scontato, ma forse è proprio questo che non ci fa valutare l’enorme possibilità che abbiamo, che non ci fa bazzicare gli scaffali aperti più di tanto. Sappiamo che loro, piccole, medie, grandi, restano lì, che lo vogliamo oppure no. Diventando ovviamente necessarie nella recondita ipotesi che si debba fare una tesi di laurea. Il mio incontro con la Biblioteca nazionale centrale di Roma è stato qualcosa di catartico.
Prima mossa: munirsi di tessera, fare ovviamente una faccia orripilante durante la foto di rito e pensare che dovrai tenerti quello sgorbio per i prossimi cinque anni (quando ovviamente farai una nuova foto, nella quale avrai anche le rughe). Ma quanto è bella questa tessera? Uno degli oggetti più belli che abbia mai posseduto. Azzurra come gli occhi di Saba e con il potere di farmi sentire la regina del mondo, proprio come Di Caprio poco prima di scontrarsi con un iceberg. Come la gonna di Eta Beta, un piccolo rettangolo che strisciato, fa tirar fuori un cumulo di libri infiniti. Se solo avessi doti poetiche ne scriverei una lode o una ballata: “O tessera, mia tessera”. Ma non divaghiamo. La prossima mossa è di gran lunga la più importante, dobbiamo chiedere la chiave dell’armadietto (molto High school musical) e liberarci di tutti i nostri orpelli come per un bagno rituale. Senza borse, tocca quindi avviarsi verso l’entrata stringendo al petto il minimo essenziale (o spendere dieci centesimi per una busta trasparente dall’aria precaria). Ed eccoci, ci siamo, ora come un rito di iniziazione, siamo pronti. Varco la soglia e sono lì, tutti quanti, tutto quello che cerco è lì, su uno scaffale o dentro un magazzino a proteggerlo dalle intemperie e dallo scorrere del tempo. Quando entriamo dentro siamo tutti il popolo del libro, siamo un nugolo silenzioso di lettori concentrati. Dalla mia meravigliosa scrivania munita di presa elettrica e luce personale, alzo la testa e mi guardo attorno compiaciuta, circondata da anime perse che hanno trovato temporaneamente una dimora e assistenti solerti e gentili che leggono le parodie a fumetti della Disney. Arrivati all’ora della pausa, mi avvio verso il bar e piacevolmente sorpresa trovo gli oro ciock, la mia madeleine davvero poco proustiana (Marcel avrebbe storto il naso, ma poi sei li sarebbe ‘pappati’ in un sol boccone). Tra microfilm dalla ingegneria spaventosa e il rumore del riscaldamento, la tesi cerca di venire alla luce. Se e quando mi laureerò davvero non so, in compenso ho incontrato un’amica azzurra, che promette di restare.

Rachel Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2
(4 febbraio 2013)