“Ecco perché mi candido”
Rispondo alle domande dell’articolo di Sergio Della Pergola. Francamente non capisco la ragione dello scandalo circa la mia candidatura: nel programma del Pdl non vi è mai stato alcun atto che possa essere tacciato di antisemitismo; c’è sempre stata una piena collaborazione tra le comunità ebraiche e i governi o amministrazioni guidate da questo grande partito; inoltre le relazioni tra Italia e Israele, sotto la guida di Berlusconi, sono migliorate sotto ogni aspetto. Mentre l’ostilità a qualunque governo israeliano caratterizza una parte consistente del centrosinistra. Un eventuale governo di sinistra vedrà probabilmente Massimo D’Alema come ministro degli Esteri, immortalato pochi anni fa a braccetto con esponenti di Hezbollah. L’unica volta in cui un rappresentante di questa circoscrizione, il senatore uscente Nino Randazzo (Pd), si è espresso su Israele era per condannare la reazione israeliana alla flottiglia e per sminuire il pericolo dei razzi da Gaza.
Ogni schieramento ha le sue pecche. Il pericolo si combatte non delegittimando una parte politica, bensì cercando di costruire una destra e una sinistra moderne e liberali in cui convivano ideali diversi e all’interno dei quali si possano portare avanti battaglie universali. Il Pdl e il Pd in Italia cercano di andare in questo senso. Se eletta, come ho avuto modo di dire a Repubblica condannando le affermazioni di Berlusconi nel Giorno della Memoria, la mia presenza in Parlamento rappresenterebbe una garanzia in più contro il riaffiorare di sentimenti nostalgici e dell’antisemitismo oggi, anche perché non si può più scindere l’attacco demonizzatore verso Israele dal risorgere dell’antisemitismo in Europa (vedi Tolosa 2012).
Alla prima domanda di Della Pergola rispondo quindi: sì, un ebreo può far parte dell’alleanza politica radunata attorno al Pdl e fare anche un ottimo lavoro, come è stato nel caso di Fiamma Nirenstein (sue le iniziative del Comitato Parlamentare sull’Antisemitismo e la mozione che ha richiesto il ritiro dell’Italia dalla Conferenza di Durban 2).
Quanto alla seconda domanda (quale Israele rappresenterei in Parlamento): non sono candidata alla Knesset, ma al Parlamento italiano, per rappresentare oltre 190,000 italiani residenti nella circoscrizione, di cui circa 11,000 in Israele (la terza comunità italiana dell’area). Ho accettato questa grande sfida – che presenta buone chance, come dimostra il sostegno che sto ricevendo da tutti i Paesi della circoscrizione – con lo spirito di una persona da sempre molto militante in diversi settori, dalle battaglie civili transnazionali del Partito Radicale in cui mi sono sempre riconosciuta, a quelle per aprire un varco nell’oblio mediatico sul conflitto in Darfur, dal sostegno alle voci moderate nel mondo dell’Islam politico, alla difesa delle minoranze e delle libertà fondamentali dell’individuo, brutalmente calpestate in molte aree di questa vasta circoscrizione. E’ questa la “logica della mia candidatura” e questi sono alcuni degli argomenti che intendo promuovere. Spiegare le ragioni di Israele significa difendere i valori della democrazia e dello stato di diritto e per questo è una battaglia del tutto allineata a quelle menzionate. Va tenuto bene a mente che il prossimo Parlamento vedrà una forte presenza di partiti (Movimento 5 Stelle) molto ostili a queste ragioni, rendendo il mio impegno necessario, uno dei motivi per cui ho accolto l’offerta arrivatami dal Pdl, l’unico partito ad aver proposto per la prima volta un candidato residente in Israele.
Sharon Nizza, Gerusalemme
(10 febbraio 2013)