Benedetto XVI – Un sasso nello stagno

Avremo modo di tornare su questa clamorosa scelta di Joseph Aloisius Ratzinger. Le parole, e le interpretazioni, si sprecheranno. Alcune saranno all’altezza delle circostanze, altre ripeteranno i cliché sbiaditi di sempre, come se, quando si parla di Chiesa, si trattasse di commentare un derby tra favorevoli e contrari. Rimane il fatto che questo Papa, giudicato – a torto o a ragione – con severità, comunque senz’altro eccessiva, a tratti gratuita, ha lanciato, volente o nolente, un sasso nello stagno. Nella sua “stanchezza” possiamo vedere riflessa la nostra. Nella sua inadeguatezza (non lo dice ma evidentemente lo pensa di sé) si ricompone, come l’immagine nello specchio infranto, quella delle élite nazionali e mondiali che sembrano assenti davanti alla sfida dei tempi correnti, ripiegate come altrimenti sono sui propri interessi. Ci parla quindi della consapevolezza di un grave difetto di magistero, quello suo ma, soprattutto, della sua istituzione. Poi però va ancora oltre, con un gesto senza eguali. Ci denuncia come l’incoscienza delle classi dirigenti possa capovolgere irresponsabilmente il mondo. Cosa alla quale, evidentemente, intende sottrarsi. È forse un segno dei tempi, privati della speranza del futuro. Lui, probabilmente, ne è consapevole. Sembra non avere troppo da spartire con il suo predecessore, Karol Wojtyla, che della ribalta mediatica, fino alla consunzione quasi a volere testimoniare con la morte del suo corpo della perpetuità di quello cristiano, aveva fatto una missione. Queste dimissioni ci sconcertano e ci spiazzano. Sono un sasso nella palude. Interpellano la coscienza di ognuno di noi, soprattutto di coloro che occupano le posizioni di privilegio, applicando queste ultime condotte defezioniste, a valorizzare il proprio particolare a discapito dell’interesse generale. Il suo, infatti, non sembra tanto un abbandonare il campo ma un dichiarare che QUEL campo, non la sola Chiesa ma il mondo di cui essa dice di occuparsi, è così dolente da richiedere uomini (e donne) all’altezza della situazione.

Claudio Vercelli, storico

(11 febbraio 2013)