Eternità
Concludendo la puntata di Porta a porta interamente dedicata alle dimissioni del papa, Bruno Vespa mostrava un visibile imbarazzo. Dopo aver parlato di Chiesa e di Eternità, spiegava, lo studio si sarebbe riempito di esponenti politici pronti a sbranarsi in vista delle prossime elezioni. Nei prossimi giorni, inoltre, la trasmissione non andrà in onda a causa del Festival di San Remo. Solo lunedì prossimo si tornerà a parlare di Benedetto XVI, quando il palinsesto e le scadenze più urgenti lo consentiranno.
Involontariamente, il conduttore più istituzionale della Rai ha messo in luce la contraddizione dei tempi: si può ancora parlare di Eternità in una società come la nostra? Ed è interessante che l’interrogativo sia indotto proprio da Joseph Ratzinger, che prima da cardinale e poi da papa ha condotto una coraggiosa battaglia – minoritaria? – contro il relativismo, la laicizzazione della Chiesa, l’arretramento della religione nei costumi e nella cultura.
Le dimissioni di ieri sono state uno scoop sensazionale, e anche una prova di abilità nella comunicazione, se pensiamo che non era filtrata la benché minima indiscrezione. E magistralmente teatrali saranno i prossimi giorni, scanditi dai rituali per l’elezione del nuovo pontefice. Ma proprio questa capacità della Chiesa di gestire la comunicazione evidenzia quanto il rapporto tra religione e società, tra Eternità e contingenza sia difficilmente eludibile. Come si suole ripetere, tutti noi ci occupiamo del domani, mentre la Chiesa si preoccupa dell’eternità. Ed è chiaro che le conseguenze della scelta del papa si misureranno negli anni e nei secoli.
Ma fa comunque impressione, a pensarci, che anche l’Eternità debba attendere. Solo pochi giorni, giusto il tempo del Festival di San Remo.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(12 febbraio 2012)