Qui Sanremo – Il valore delle donne

Dopo il boom di ascolti di ieri, raggiunto con l’esibizione di Asaf Avidan che ha scatenato i social network (dal tenore di “Solo oggi scopro che Avidan non è una donna”, “Interpretazione meravigliosa”), tocca alla famigerata terza serata. Per addolcire gli animi, Littizzetto e Fazio si lanciano non senza inciampi nel tipico ed intramontabile duetto sanremese Vattene amore, in risposta a chi si lamentava dell’assenza di cuore-amore in questa edizione con testi più ricercati del solito. I due ‘trottolini amorosi’ cominciano poi a presentare i big. Inizia la vera gara. Dopo le prime esibizioni, la Littizzetto dedica un toccante monologo contro la violenza sulle donne a cui segue il flash mob (come ci sono stati nella stessa giornata in tutto il mondo, coinvolgendo un milione di ballerini improvvisati). Arriva poi Roberto Baggio, rappresentante dell’Italia andata che noi tutti rimpiangiamo, con una breve comparsa di Aung San Suu Kyi sui monitor. Nella classifica provvisoria Mengoni è in testa. Una serata dedicata al valore delle donne nella quale anche il cantante Antony Hegarty lancia il suo messaggio. Un valore che è sempre un buon investimento.

Rachel Silvera twitter @RachelSilvera2

Sanremo si tinge di bianco e blu

Sarò onesto: io il Festival non lo guardo mai. E’ più forte di me: mi incuriosisco, do un’occhiata, ma dopo dieci, massimo quindici minuti il mio pollice istintivamente preme sul pulsante rosso del telecomando e il televisore si spegne quasi provvidenzialmente.
La verità è che io sono abituato a ben altri standard. Di ritorno da un anno in un’America sempre più frenetica e, perché no, anche un po’ glamour, dopo essermi nutrito per mesi di Oscar, Grammy e Golden Globe, mi risulta più difficile che mai adattarmi ad un festival sciatto e provinciale come Sanremo. Non uccidetemi, ma in tutta sincerità, Sanremo trasuda banalità, grigiore, paura del nuovo. Il Festival è monotono e scontato. In poche parole, non fa per me. L’altra sera ho acceso la TV e ho avuto la conferma di cui non avevo bisogno: dopo 55 anni, il Festival è sempre lo stesso. La maggior parte degli artisti in gara sembrano terrorizzati dall’idea di rischiare con un pezzo che non sia definibile “sanremese” (purtroppo questo è l’aggettivo più utilizzato dai media italiani al momento). Fosse per me, rivoluzionerei completamente la kermesse partendo da una nuova location più dinamica dell’Ariston, che sì, è tanto sacra per gli italiani, ma inizia a stufare nonostante i continui (e inutili) rinnovamenti. Mi sono dovuto ricredere su molti pregiudizi che ho a lungo nutrito. In quanto a stacchetti e ospiti, la seconda serata di Sanremo 2013 si è rivelata piuttosto sorprendente. In primis, la coppia di presentatori, Fazio e la Littizzetto, è senza dubbio la più riuscita degli ultimi anni. Fazio è un volto rassicurante per gli habitué della televisione nazionale, e la Littizzetto, col suo carattere tutto pepe e le sue battute taglienti su tutto e tutti, non delude mai. Poi, a raggiungere il palco, è stata la splendida modella israeliana Bar Refaeli. Forse meglio conosciuta come la bomba sexy che domina le passerelle di mezzo mondo, o come la storica fidanzata di Leonardo Di Caprio. La Refaeli stava giusto vivendo un momento sorridente della sua movimentata carriera grazie allo spot per il quale ha fatto parlare di sé grazie al bacio con un nerd, quando ha pensato bene di rubare la scena a tutte le donne del Festival indossando quattro abiti disegnati apposta per lei da Cavalli. Un Festival in cui la parola “Israele” non ha smesso di echeggiare, in particolare dopo la performance mozzafiato dell’ospite Asaf Avidan, che ha incantato il pubblico meritandosi una standing ovation per la sua Reckoning Song. Asaf si è presentato in ottima forma, quasi irriconoscibile in un completo in contrapposizione con le canottiere che abitualmente indossa in tour.
E come se tutto questo non bastasse, la ciliegina sulla torta l’hanno messa gli Almamegretta. Dopo le innumerevoli polemiche sulla questione sabbatica, ci ha pensato il front-man Raiz, un’elegante kippà abbinata all’outfit in testa, a zittire le critiche e le perplessità con la sua voce impregnata di emozioni, tradizioni e prospettive diverse mescolate in un’unica melodia. La loro Mamma non lo sa è stata una delle più apprezzate dagli spettatori e tutto è bene quello che finisce bene, perché quella a cui abbiamo assistito non è stata solo una vittoria per Raiz e il suo gruppo, ma una vittoria per tutti gli ebrei italiani. Raiz ci ha regalato una nuova consapevolezza. La consapevolezza che l’Italia, se vuole, può essere aperta alle differenze e accettare un credo che non sia quello a cui è abituata, persino all’interno dell’intoccabile Sanremo. La nuova era comincia da qui. Dalla seconda serata di Sanremo 2013, che ha riservato molte più sorprese di quanto non mi fossi immaginato. E non si torna più indietro.

Simone Somekh twitter @simonsays101

(15 febbraio 2013)