Il voto, la rappresentanza, gli interrogativi

In un lucido, alquanto sconsolato articolo, apparso sul numero di febbraio di Pagine Ebraiche – con i cui contenuti mi dichiaro d’accordo al 100% -, Sergio Della Pergola esprime il disagio di un elettore italiano che, nell’esprimere il proprio suffragio, intenda difendere la propria identità ebraica contro quelle che possano apparire, in vario modo, forme di minaccia – più o meno latenti o immediate – contro la stessa. L’offerta, secondo la sintetica panoramica offerta da Della Pergola, non appare particolarmente allettante, in quanto tristemente oscillante – secondo la triste domanda posta al demografo da sua figlia – tra gli ‘antipatizzanti’ degli ebrei e gli ‘antipatizzanti’ di Israele. Chi preferire? Si può “chiudere un occhio” per chi riabilita apertamente il fascismo, e dargli comunque fiducia, in nome della proclamata amicizia per Israele? O meglio tenere ferma la pregiudiziale antifascista, e sostenere chi resta sempre seraficamente indifferente di fronte alle piogge di missili da Gaza, per poi saltare sulla sedia alla risposta israeliana (con in mano la bilancia utile a pesarne l’esatta ‘proporzionalità’)? Si può votare per chi vuole cacciare a calci tutti gli extracomunitari, o per chi sponsorizza o organizza le Flotillas? Seguiamo l’indicazione dei vescovi, o i proclami e le invettive di chi insulta e deride gli anziani per l’“handicap” dell’età, rivaluta Bin Laden e usa la parola ‘ebreo’ come un insulto? Davvero un panorama un po’ desolante…
Inutile dire che tali dubbi, se impensieriscono un elettore ebreo, turbano anche la serenità di chi, da non ebreo, consideri di importanza prioritaria la lotta al pregiudizio, all’inciviltà, all’intolleranza, in tutte le forme. Non voglio dire, naturalmente, che tutte le opzioni si pongano sullo stesso piano, ma solo che, se alcune scelte appaiono precluse da irrinunciabili pregiudiziali morali, anche le altre, pur praticabili, non entusiasmano. Soprattutto, rattrista constatare, pressoché ovunque, una scarsa attenzione sul piano dei diritti civili, dell’integrazione, della promozione della pace, della cooperazione e del dialogo tra i popoli. I temi del razzismo negli stadi, della diffusione sul web dei siti neonazisti, dell’accoglienza agli extracomunitari, delle condizioni di vivibilità nei CIE, dei respingimenti in mare sono pressoché completamente assenti dalla campagna elettorale, così come le questioni di politica estera: quanto si è parlato di Siria, Iran, Mali, Africa, Medio Oriente, Corea ecc. ecc.? Davvero tutti gli italiani si interessano soltanto di soldi e di tasse?
Della Pergola, alla fine del suo pessimistico articolo, invita, nonostante tutto, a scegliere, rifuggendo da tentazioni “aventiniane” ed esercitando secondo coscienza il proprio diritto di voto. Sono d’accordo anche su questo. Lo farò, come sempre, anche se con ancora minore entusiasmo delle altre volte. Per superare le mie resistenze, mi sono creato una nuova concezione, ‘riduttiva’ e ‘minimalista’, del voto. Contribuirò a mandare qualcuno in Parlamento, in adempimento di un mio preciso dovere civile, ma non lo considererò mio rappresentante. D’altronde, la stessa Costituzione chiarisce che gli eletti agiscono “senza vincolo di mandato”. Guarderò con rispetto al nuovo Parlamento e a tutti i suoi componenti, ma nella triste consapevolezza che la mia persona, per quel che vale, non sarà, in quelle aule, rappresentata.

Francesco Lucrezi, storico

(20 febbraio 2013)