Ticketless – Tempesta
Un romanzo mi ha fatto dimenticare di essere in treno. Infatti è la storia di un salvataggio in mare. S’intitola “Tempesta” (Nutrimenti editore lo ha tradotto per la collana di Filippo Tuena). L’autore è Roger Vercel. Sul finire di “Se questo è un uomo”, Levi racconta di avere trascorso le ore che precedono la sua liberazione leggendo questo romanzo lasciatogli in dono da un medico greco. Le storie di libri (e uomini) salvati mi appassionano più delle storie di uomini (e libri) sommersi. Il romanzo, come il film che ne è stato ricavato (con Jean Gabin) ha influenzato Levi, che inserirà Vercel nell’antologia personale, La ricerca delle radici. Lo racconta Andrea Cortellessa in una nota (p. 236) che mi ha suggerito il Ticketless di questa settimana, politicamente più scorretto del solito, quasi maleducato. Mi scuso in anticipo con i lettori se farò una cosa per molti di loro inaccettabile. Racconterò la storia di un Bravo Italiano (nella foto qui a fianco lo si riconosce dal maglione bianco). Nel primo libro che ho scritto, tanti anni fa avevo raccolto la testimonianza del tenente Federico Strobino, in forza alla IV armata che occupava il Nizzardo. Dopo l’8 settembre 1943 portò in salvo due ragazze di origine russa Rimma e Vera Levin. Ho conosciuto Vera Levin Dridso quando era segretaria di redazione da Einaudi. Non ricordavo che fosse stata lei a tradurre le pagine di Vercel inserite ne La ricerca delle radici. Quanto Levi si sentisse “straniero” dentro la casa editrice torinese dimostra la sua amicizia con Vera, come con l’inglese Malcolm Skey che si occupava di fantasmi nella letteratura inglese. Qualcuno dovrà un giorno raccontare la storia “nascosta” di Levi e la sua casa editrice. Oggi si sente “straniero” in Italia chiunque racconti di un Bravo Italiano. Vera Dridso ha tradotto per Einaudi molti classici della letteratura russa, fra cui “Il maestro e Margherita” di Bulgakov, ma la sua storia di “salvata” si specchia nel salvataggio del capitano Renaud. Per lei era un sosia del tenente Strobino, che quando era bambina la guidò attraverso i colli alpini fino a Borgosesia, dove la fece crescere e amare l’Italia.
Alberto Cavaglion
(20 febbraio 2013)