Voci a confronto
“Credibilità. Ipocrisia. Sono le parole che elencano i commentatori, più preoccupati dalla sincerità di un leader che dalle sue abitudini private (e passate)” così Davide Frattini sul Corriere della Sera riporta le reazioni in Israele all’ostinazione con cui Yair Lapid continua a negare di avere fumato qualche spinello. Sempre sul Corriere si racconta come una votazione su Facebook abbia scelto il simbolo grafico della prossima visita del presidente degli Stati Uniti in Israele, evento che ha già anche un nome in codice: “The Unbrakable Alliance”. Due fatti che tengono l’attenzione pubblica, mentre Israele torna a pensare che sia arrivato il momento di varare il piano B., per poter fare a meno degli egiziani e del loro canale di Suez. La soluzione, starebbe nella costruzione della ferrovia da Eilat a Ashdod (Samuele Cafasso, Secolo XIX), ufficialmente senza che la cosa sia collegata all’instabilità politica egiziana, ma notizia che da sola può bastare a mandare nel panico una nazione per la quale il traffico commerciale che passa per il Canale di Suez ha un valore economico fondamentale. Sul Wall Street Journal invece si parla della saga spionistica – tenuta fondamentalmente nascosta per due anni – che ha avuto come protagonista un australo-israeliano.
Rav Gilles Bernheim torna su un argomento difficile, con un ragionamento sul fine vita, cogliendo l’occasione di un progetto di legge che sarà sottoposto al Parlamento francese a giugno di quest’anno. Consapevole dell’effetto dei suoi interventi, approfondendo lo specifico argomento di questo scritto dice anche: “Le situazioni estreme vengono ampiamente sfruttate nelle campagne d’opinione”. E l’Osservatore Romano ha scelto di tradurre e pubblicare il suo intervento, uscito originariamente sul sito ufficiale del Gran Rabbino di Francia.
(20 febbraio 2013)