…politica

Molto amaro, lucido e condivisibile il pilpul di ieri di Claudio Vercelli. Quando non si crede più alla politica, allora si comincia a credere politicamente a tutto, a partire da chi fa la voce più grossa, scrive. E’ vero che questo non credere più alla politica, comunque sia giustificato dai fatti e dalle persone, è gravido di conseguenze sul piano della morale e della vita civile. L’idea che la politica sia solo una strada privilegiata per curare meglio il proprio particulare non porta al rifiuto di questo particulare, ma piuttosto all’idea che agire per il proprio vantaggio sia giustificato, sia la norma. Eppure, ci sono stati momenti nella nostra storia, italiana ed ebraica, in cui la politica è apparsa come passione divorante per il bene comune, per la polis, non per il vantaggio dell’individuo sugli altri individui. L’Emancipazione, e la riscoperta degli ebrei dell’agire politico. Il sionismo, e la volontà di ricrearsi politicamente. Il dopoguerra, e la volontà di ricostruzione politica degli italiani e con loro degli ebrei che uscivano dall’umiliazione delle leggi razziste e dallo sterminio dell’occupazione nazista. Non siamo in grado di ritrovare questa passione? forse, ma almeno cerchiamo di non pensare che va bene così.

Anna Foa, storica

(25 febbraio 2013)