…elezioni
In entrambe le democrazie parlamentari dove si ora è votato, Israele e Italia, i risultati elettorali hanno creato situazioni di difficile o impossibile governabilità. In entrambi i paesi, mutatis mutandis, la causa principale dell’impasse è la spaccatura in due della società su diversi temi fondamentali sui quali non sono facili o perfino possibili vie di compromesso. Nell’assenza di larghi consensi non è facile prendere decisioni che, nel loro interesse comune, impongono gravi rinuncie a tutti o a una larga parte dei cittadini. In entrambi i paesi, una causa concomitante dello stallo è un metodo elettorale che aggiunge ingovernabilità tecnica all’ingovernabilità sostanziale. In Israele, la follia è la proporzionale pura con soglia di ammissione minima, collegio unico nazionale e liste bloccate; in Italia, la follia è il porcellum con le sue due formule contraddittorie alla Camera e al Senato pensate non per far vincere “i nostri” ma per impedire “a loro” di vincere. In entrambi i paesi, la maggioranza degli eletti non possono dire veramente di aver vinto un’elezione, perché sono dei perfetti sconosciuti che il pubblico non ha mai incontrato e sono stati scelti da qualcun altro, non hanno avuto una designazione diretta dagli elettori (a differenza dei governatori di Regione), non sono arrivati primi, o sono stati ripescati attraverso complesse formule di resti. Non che i premi di maggioranza siano una bella cosa: l’odierna prassi un tempo era chiamata “Legge truffa”. La riforma elettorale é il più ovvio, urgente e condiviso dei compiti, ma evidentemente a molti fa comodo creare l’ingovernabilità permanente perché cosí si evita di dover affrontare i problemi reali. Sarebbe bene non dimenticare, però, che società che si cullano troppo a lungo nell’immobilismo, alla fine scompaiono.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
(28 febbraio 2013)