Memoria – Storie di salvatori e salvati
Alle porte di Firenze inizia un’altra cittadina, Scandicci, in piena espansione e fiera delle sue molteplici attività in campo culturale. Nella sede dell’ associazione culturale Arco, affollatissima, si è svolta una delle ultime iniziative promosse per il Giorno della Memoria che, come ha ben detto in apertura Fausto Merlotti, presidente del Consiglio comunale, non può e non deve essere limitata a poche ore ma diventare un impegno costante durante tutto l’anno, come da tempo avviene a Scandicci, dove la programmazione prevede una successione di impegni, in particolare diretti alle scuole. L’incontro pomeridiano era dedicato alla presentazione delle testimonianze raccolte, con grande perseveranza, dalle poche carte relative ai mesi della ricostruzione conservate nell’archivio della Comunità ebraica e dalla viva voce di alcuni salvati. Questa meritoria opera è stata fatta dalle professoresse Maria Tedesco e Giuseppina Gasparini dell’Arco e pubblicata con il titolo Microstorie di coraggio. Dopo le parole di introduzione e gli interventi di Ugo Caffaz, che tanto si occupa del Treno della Memoria, e del rabbino capo rav Joseph Levi, si sono presentati i discendenti dei “salvatori”, Paolo Gigli il cui padre, impiegato comunale, accolse a Borgo San Lorenzo la famiglia Spiegel, trasferitasi poi in Israele dove i genitori figurano tra i Giusti tra le Nazioni, e i figli del carabiniere Lallo Salvati che si rifiutò di andare a prelevare la famiglia di Loretta Bemporad, la prima dei “salvati” a raccontare la sua storia che possiamo leggere anche nello scritto autobiografico Un’ebrea piccola piccola. In ordine alfabetico hanno poi parlato Renzo Bemporad, poeta nell’animo, Federico Benadì, con la sua consueta vivacità, Umberto Di Gioacchino con i suoi ricordi di bimbo ancora infante nel convento di Santa Marta, Ugo Caffaz per i suoi genitori, Giulio Levi di cui sono state proiettate anche pagine del libro 1940-1945 Gioele, fuga per tornare e i disegni della V° classe della scuola elementare XXV aprile fatti l’anno scorso dopo un incontro con l’autore, Guidobaldo Passigli, travolto dalla sequenza di terribili avvenimenti, la morte del padre ai primi di settembre e la deportazione dei nonni da Roma, che ricorda la madre e la nonna vestite da suore, e infine Roberta Pisa. L’età e i rigori invernali non hanno permesso a tutti di essere presenti e prendere la parola. A chiusura ha commosso l’auditorio la dichiarazione di un carabiniere, che a conferma di quanto dichiarato dai figli, ha fatto rilevare come nella sua arma l’aiuto ai deboli sia prioritario e quindi logicamente nessuno si sia poi gloriato dell’opera svolta in innumerevoli casi in favore degli ebrei.
Lionella Viterbo
(1 marzo 2013)