Non è un merito

Non è un merito essere nati in una famiglia benestante.
Non è un merito essere nati maschi / femmine.
Non è un merito essere nati ebrei.
Non è un merito essere nati a Roma o a Milano.
Certamente non sono colpe; potrebbe anche essere legittimo considerarle fortune, ma non è comunque logico sentirsi superiori a chi è diverso non per scelta, né per cultura, né per aver fatto qualcosa di male, ma semplicemente per nascita.
Dovrebbe essere ovvio, invece si potrebbero portare infiniti esempi di malinteso senso di superiorità generato dall’appartenenza a ciascuna di queste categorie (così come a molte altre), tanto che nessuna delle quattro affermazioni si può considerare davvero ovvia per chiunque. Meno che mai l’ultima: a volte, quando si sentono o si leggono certi discorsi, si ha quasi l’impressione che vivere in Comunità medie o piccole sia considerata una forma di snobismo, come se chi è nato e vive fuori da Roma e Milano avesse scelto volontariamente di separarsi dalla maggioranza.
E’ vero che siamo una minoranza, ma la logica dei numeri e delle proporzioni non ha mai funzionato per la storia degli ebrei, e neppure per quella degli ebrei italiani: quanti Maestri, quanti premi Nobel, quanti scrittori letti in tutto il mondo, quanti artisti non erano né romani né milanesi?
Il nuovo statuto UCEI ha già ridotto pesantemente la possibilità per chi non è di Roma o di Milano di contare qualcosa nelle decisioni che riguardano l’ebraismo italiano; se qualcuno si affretta pure a dichiarare che siamo ufficialmente un po’ meno kasher degli altri cosa potrebbe succedere? I romani e i milanesi ci terranno a distanza? E alla fine chi sarebbe il perdente? Solo gli ebrei delle medie e piccole Comunità o l’intero ebraismo italiano? La storia ci insegna che la chiusura verso le minoranze non ha mai portato fortuna alle maggioranze.

Anna Segre, insegnante

(8 marzo 2013)