Una grande speranza
Papa Francesco si è insediato questa mattina alla presenza dei potenti del mondo, del popolo e dei rappresentanti delle altre religioni. Tra loro, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e i dirigenti dell’ebraismo italiano e romano. L’entusiasmo suscitato da questo nuovo pontefice mi pare trasversale e convinto, dettato certamente dalla naturalezza con cui Jorge Mario Bergoglio interagisce con le altre persone. Un papa umile, diretto, semplice, talvolta persino “eccessivamente” normale. Da ebreo laico, quali sono le mie speranze? Innanzitutto mi auguro che il nuovo capo della Chiesa di Roma sappia riformare il Vaticano e l’intera struttura ecclesiale in profondità, accentuando l’attenzione alla carità rispetto alla tensione verso il potere. Certo, la Chiesa è anche un centro di potere. Ma il suo sforzo a difesa degli ultimi è decisivo per combattere la povertà e l’ingiustizia. Tanto più in Italia, dove i servizi dello Stato mancano e la Chiesa, in tutte le sue ramificazioni, contribuisce e spesso supplisce in proporzioni determinanti. Quanto alla questione decisiva della perdita di fede in Occidente (recentemente definita decroyance), la questione non mi appassiona in questi termini. Da coltivatore del dubbio, spero che il lavoro del nuovo papa, sommato a quello di rabbini, imam, pastori protestanti, monaci e dei rappresentanti di tutte le confessioni religiose stimoli un dibattito che, indipendentemente dagli esiti spirituali dei singoli, ci faccia riflettere sul mondo che abbiamo costruito e su quello che vogliamo: meno ingiusto, meno condizionato dalle logiche di profitto, più denso di spiritualità al di là della propria fede o non fede. Infine spero che questo papa possa dare un impulso positivo al dialogo tra ebrei e cristiani. É probabile che – come afferma il rav Di Segni – non tutti i nodi possano essere sciolti. Ma ciò che conta è l’atteggiamento: in una società sempre più secolarizzata, non sono le dispute teologiche a ostacolare la convivenza civile e il reciproco rispetto. Se non in minima parte. Servono messaggi positivi, gesti simbolici, la comprensione e l’accettazione dell’ineliminabile diversità. Su questo terreno papa Francesco sembra rappresentare una grande speranza. Auguri.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(19 marzo 2013)