Ticketless – Ezechiele a Ustica

Chiedo scusa, oggi il Ticketless è più lungo del consueto. Sono stato in viaggio praticamente tutta la settimana e così ho avuto più tempo per riflettere su due questioni dibattute sul portale: l’importanza del contraddittorio e la possibilità di stabilire, per esempio nel programma di un partito, la presenza di alcuni punti (meno di otto) sufficienti a stabilire se quel programma sia o non sia congruente con la tradizione ebraica. Comincio dal secondo problema. Ebraicamente congrui sarebbero, cito i più ricorrenti: il senso della famiglia, la moralità e l’idea di giustizia, il rispetto per la donna, la memoria, la cultura, tutte cose che a me sembrano riconducibili al genere umano e non specifici dell’ebraismo. Più interessante è il raffronto con i singoli problemi. All’inizio del ‘900, quando in Italia, senza successo, si cercò di introdurre il divorzio, le pagine della stampa ebraica si riempirono di giusto orgoglio. L’ebraismo prevede il divorzio, ma in quegli stessi anni ci si trovò a dover difendere il rispetto che si deve a una donna, come accadde a Livorno, di fronte a una tradizione che le negava la dote in quanto discendente di un figlio illegittimo. Dipende. Il bello della libertà consiste nel fatto che ti può andare bene come ti può andare male.
Un luogo dove oggi la tradizione potrebbe aiutare l’opinione pubblica a crescere è proprio quello della libera discussione. Dopo la morte del “Mondo” di Pannunzio (1966) non è più esistito in Italia un luogo altrettanto favorevole al dialogo ed è terribilmente decaduta, anche in ambiente ebraico, la disponibilità a discutere con chi abbia opinioni diverse dalle nostre (il che equivale a dire, fuori e dentro il “mondo” ebraico, l’inevitabile apoteosi del conformismo, soprattutto nel “mondo” degli intellettuali, anche ebrei). Da noi le opinioni diverse non si contestano, che è pur sempre un modo di includere, da noi le opinioni diverse o contrarie, si ignorano. C’è in proposito una pagina di Nello Rosselli, confinato a Ustica, che conviene rileggere per capire come, sia pure in senso ironico e se si vuole anche comico, la forza della libertà di espressione ovvero la natura del contraddittorio, sia vincente anche quando si è prigionieri: “Tra gli isolani era un barbone, pastore protestante. L’avevano mandato lì perché faceva troppo bene il suo mestiere: convertiva cioè a tutto andare contadini, operai, vecchi, donne e ragazzi. Nell’isola si trovava sperduto perché nessuno prestava orecchio al suo elevato messaggio. Ci fu solo un ebreo che lo apprezzò invitandolo, la domenica, a venire a leggere la bibbia da lui, a questa sola condizione: che fosse ammesso il contraddittorio. Il povero pastore accettò: trovò adunati, oltre all’ebreo, un anarchico, un comunista, un arabo intelligente, uno del partito popolare e un prete spretato. Forse lo illuminò la speranza di trovare una sintesi e di lanciare il verbo d’una religione universale. Ma fu un disastro. Al primo versetto d’un salmo l’anarchico chiese la parola e pose la questione: chi è Dio? “Per me”, concluse la sua tiritera,”Dio è il simbolo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Allora si alzò il comunista, ed ebbe parole severe più per l’anarchico che per il Signore Iddio, sul quale non metteva conto ormai d’infierire. Per fortuna l’ebreo propose che la discussione su questo comma venisse rinviata alla seconda seduta. Il pastore riprese la sua lettura, e ogni tanto si schiariva la voce e lanciava di sotto alle lenti, timide occhiate a destra e a sinistra. Pro bono pacis s’eran lasciati i salmi, e attaccati i Profeti. Il pastore, rinfrancatosi, leggeva adesso con voce tonante le apocalittiche visioni di Geremia, anzi no, di Ezechiele. A un certo punto disse il pipista: “Ecco annunziata la venuta di Gesù”. “Di Maometto”, corresse l’arabo. “Del sempre atteso Messia”, disse il padrone di casa. “Né del Messia, né di Gesù, né di Maometto”, sentenziò alzandosi in piedi il dotto comunista, “se mai, dell’ordine nuovo basato sulla giustizia sociale”. “E sulla soppressione di ogni libertà individuale”, aggiunse beffardo l’anarchico. A questo punto nacque la confusione. Il prete spretato e il pipista si bisticciarono circa il dogma dell’immacolata concezione, l’ebreo e l’arabo discussero animatamente non so di che cosa, il comunista e l’anarchico si accapigliarono con gran lusso d’ingiurie. Il buon pastore chiuse la bibbia, alzò gli occhi celesti al soffitto, e invocò la luce del Signore su quelle coscienze oscure. Ma intanto dall’uscio sul vicolo, comparvero due agenti a chieder spiegazioni su quel baccano sospetto. “Questa è un’adunanza politica”, andavano dicendo. “E’ un pezzo che stiamo a sentire. Chi è questo Ezechiele dell’ordine nuovo?”. “Ezechiele”, disse sorridendo l’ebreo, “è un rivoluzionario vissuto trenta secoli fa”. “Questa è una grande attenuante”, osservò gravemente il più autorevole fra i due agenti dell’ordine. “In ogni modo vengano tutti dal signor direttore”. La bibbia fu sequestrata, e il pastore venne severamente ammonito di smetterla con le sue conversioni.”Cito da Nello Rosselli, Ustica, “Non a Ustica sola”, Atti del convegno Nello Rosselli storico e antifascista, Ustica 28-29 agosto 2000, a c. di R. Albani-M. Caserta-G. Delfini, Firenze, Giunti, 2001, pp. 112-113 (con titolo Al confino, datato in calce “L’ Apparità Firenze 1932 ”); questo breve articolo non mi risulta che sia stato ristampato altrove).

Alberto Cavaglion

(21 marzo 2013)