La strategia del sorriso
Per gli israeliani Barack Obama è affascinante e sprizza simpatia da ogni poro. Molti sono disposti a dimenticare quando sembrava ostile a Israele o piuttosto al suo primo ministro. Si potrebbe dire che Obama è sempre lo stesso, ma non essendo riuscito a convincere con le maniere forti, ha invertito l’ordine dei fattori ed è diventato simpatico, amichevole, quasi collegiale. Dice le stesse cose di prima, ma con un largo sorriso e un abbraccio forte. Invece di discutere sugli insediamenti, momentaneamente li accetta. Va a Ramallah da Abu Mazen e gli rende omaggio anche se questi rimane immobile. Obama si impegna in prima persona, parla direttamente ai giovani oltre il protocollo diplomatico e si affida a loro per cambiare la situazione. Di fronte all’offensiva del sorriso, perfino Netanyahu tentenna. Ma questi non può cambiare i risultati delle ultime elezioni che hanno creato parecchi controsensi come il blocco Bennett-Lapid che impone la paralisi di fronte ai palestinesi. Obama ha capito che questo è l`ultimo momento per agire, per evitare uno Stato unificato nel quale i palestinesi sarebbero una minoranza, eternamente in lotta contro Israele. Insomma per trovare una soluzione. Obama sa che non si può piegare Israele con la forza e tenta di riportarlo alla ragione abbracciandolo. I palestinesi invece di prendere la palla al volo e cercare un compromesso, sono ancorati su posizioni sterili. Poco prima di tornare negli Stati Uniti Obama è riuscito a convincere Netanyahu a telefonare al suo omologo turco, Erdoghan, per scusarsi dell’incidente della nave Marmara che portò alla morte di nove cittadini turchi. La questione è ormai sanata e Obama torna a Washington con una piuma sul cappello e con un successo strategico importante per il suo paese nel Mediterraneo orientale. Si può solo sperare che un giorno Obama avrà successo anche con Abu Mazen.
Sergio Minerbi, diplomatico
(24 marzo 2013)