Politica spettacolo, limiti e speranze

“Nella Repubblica, Platone scrisse che uno dei maggiori pericoli che insidiano una democrazia prende corpo quando il pubblico confonde il teatro con la politica. Ecco quello che sta accadendo sotto i nostri occhi: una via di mezzo tra teatro dell’assurdo e reality show”. Ad aprire con questa riflessione è stato Shlomo Avineri, il più autorevole dei politologi israeliani. Oggetto del suo severo giudizio, il popolare giornalista Yair Lapid e la sua decisione di entrare in politica. La nuova stella del mondo politico israeliano si sarebbe poi rivelata determinante nella nascita del nuovo governo. Stagioni elettorali parallele e possibili parallelismi negli esiti (estrema frammentazione, vincitori-perdenti con una maggioranza non sufficientemente forte, grande rinnovamento) hanno favorito qualche paragone tra Italia e Israele. E c’è stato, tra i commentatori, chi si è lanciato nel tracciare i punti in comune fra le due rivelazioni delle tornate elettorali sulle due sponde del Mediterraneo: il leader del Movimento 5 stelle Beppe Grillo e il popolarissimo volto televisivo israeliano Lapid.
“Tra elezioni in Italia e in Israele – conferma lo storico e critico cinematografico Asher Salah, docente all’Accademia Bezalel di Gerusalemme – ci sono delle similitudini sorprendenti. Sono emersi tre poli difficilmente conciliabili e questo tripolarismo rende difficile la governabilità. Si sono affermati movimenti con l’aspirazione di rappresentare gli indignados locali. Movimenti che hanno puntato sulla politica-spettacolo, creando un vero e proprio marchio, sostitutivo dell’ideologia come aggregatore sociale, e che è stato veicolato attraverso i nuovi media”.
“Il Movimento 5 stelle e Yesh Atid – conferma Vittorio Dan Segre, esperto di pensiero politico ebraico, scrittore e giornalista – hanno saputo catalizzare il voto di protesta”. Eppure entrambi sostengono che il paragone tra i due non regge. Troppo diverse le strade e gli stili adottati per rottamare il passato.
“Grazie a internet – aggiunge Sharon Nizza, esperta di politica internazionale e candidata Pdl da Israele non eletta alle ultime elezioni italiane – Grillo si è costruito un suo mondo in cui vigono le sue regole. Per capire la differenza tra i due, guardiamo ai loro candidati. Persone preparate e autorevoli per Lapid. Perfetti sconosciuti, e rimasti tali per via del divieto di esprimersi, per il comico”.
La visione dello storico delle idee David Bidussa affonda nel concetto stesso di populismo. “Un movimento di protesta antisistema, non importa se di destra o di sinistra, che mantiene tre elementi fondamentali: la tendenza a cercare un capro espiatorio e dunque ad autoassolversi dalla responsabilità dei problemi, offrire soluzioni semplicistiche alla crisi in un’ottica di divisione buoni-cattivi, proporsi come toccasana. Grillo incarna perfettamente tutto questo. Lapid no. Innanzitutto – sottolinea – perché accetta di essere sostenuto solo da una parte dell’elettorato, senza considerare pazzo chi non lo vota”. Il fatto che non si riesca a capire se l’M5S vada considerato di destra o di sinistra è pure inquietante, aggiunge, “perché la collocazione è un modo per parlare chiaro su quali sono gli interessi che una formazione andrà a tutelare e quali a colpire”.
“Fare proposte senza avere idea di come realizzarle. Di questo sono stati accusati sia Lapid sia Grillo. È vero che entrambi sono leader privi di esperienza, e anche un po’ narcisi, ma mi pare che Lapid nelle scorse settimane abbia dimostrato di avere ben chiaro come ottenere i suoi obiettivi, e come riuscirci grazie alla politica, alle alleanze, alle strategie – ricorda Anna Momigliano, giornalista e caporedattrice attualità di Rivista Studio – Senza contare che Lapid non usa i toni da caudillo di Grillo”. A Roma e a Gerusalemme la politica spettacolo sembra dunque produrre esiti molto diversi, come conferma Segre: “Se in questo momento devo indicare la più forte differenza della stagione elettorale di Italia e Israele, direi che lo Stato ebraico ha inaspettatamente ritrovato una grande ventata di ottimismo, ha leader giovani, attira investimenti stranieri. Un ottimismo che in Italia sembra ancora irragiungibile.

Rossella Tercatin (Pagine Ebraiche aprile 2013)