Dalle cavallette in Egitto ai grillini in Italia

A prima vista la polemica sull’argomento sembra quasi placata. Esistono tuttavia momenti nella vita di ciascuno in cui è d’obbligo reagire a dichiarazioni irresponsabili, ancor più quando queste dichiarazioni sono state rilasciate da chi ricopre una carica direttiva ufficiale in una bimillenaria Comunità ebraica, come quella romana. Ho letto attentamente il testo originale dell’intervista rilasciata al quotidiano israeliano “Haaretz” dal rappresentante di questa Comunità, in cui si auspicava un prossimo trasferimento di ebrei italiani in Israele (sia pure con una necessaria lentezza!) in seguito all’apparizione del movimento “5 Stelle”. Nessuna successiva convincente smentita sul contenuto, prima della reazione del capo del movimento.
Sarebbe apparso invece normale e corretto che l’intervistato, se non concordasse a posteriori con quanto fosse stato pubblicato “erroneamente” a suo nome, si affrettasse a dissociarsi “immediatamente” da questa o quella frase cosiddetta “malamente interpretata”, anche se pubblicata in una lingua inconsueta, come quella ebraica. Ma così non è stato.
Più che il paragone fra i grillini e i fascisti, la sorpresa è venuta dall’originale messaggio di un nuovo e inatteso portavoce del sionismo romano: lasciate le vostre attività professionali e i vostri commerci, chiudete i vostri negozi e le vostre botteghe, radunate i vostri bagagli e liquidate i vostri risparmi, soprattutto non dimenticate di vedere in ogni critica al governo israeliano un’ennesima forma di antisemitismo: l’ora è suonata, affrettatevi a partire per la Terra promessa. Detto questo e concordemente a quanto preannunciato e preventivato nell’intervista, si attende quindi l’attuazione della prossima Haliyah di non pochi notabili, finora certamente impediti dall’assenza di rapidi mezzi di trasferimento verso Israele. Sorpresi noi, ma non troppo, dal fatto che l’apparizione del suddetto movimento e del notevole successo sulle piazze d’Italia sia stata trasformata nella principale causa del sorgere di un sentimento sionistico sopito, forse proveniente dai reconditi angoli dell’anima del notabile intervistato.
Lo Stato d’Israele ha bisogno di immigrati convinti, non di fuggiaschi dalla Golà, né di ulteriori sostenitori della colonizzazione nei territori occupati che prosegue da quasi 50 anni.

Sandro Natan Di Castro, Haifa

(4 aprile 2013)