Time out – Comunicare significa far partecipare

Quando si ricoprono incarichi di rappresentanza in ambito ebraico dovrebbe esistere per tutti una linea che per quanto sottile dovrebbe tracciare un solco tra trasparenza e responsabilità. Un ebraismo sano non può avere nulla da nascondere; non siamo una comunità massonica, né tanto meno un gruppo segreto con fini poco chiari, ma non c’è bisogno di essere troppo intelligenti per capire che non tutto può essere comunicato all’esterno. E non certo perché esistano argomenti tabù, ma perché la scelta di confondere la comunicazione interna con quella esterna oltre ad essere poco produttiva è decisamente pericolosa. Distinguere non significa nascondere, ma scegliere in base alle conseguenze che una notizia può generare all’esterno. Comunicare significa far partecipare: questo dovrebbero tenere a mente i nostri eletti. E allora, se davvero ci tengono a renderci partecipi della vita comunitaria, la si smetta di litigare sui giornali e si ritorni a parlare un po’ con la gente, magari non solo a ridosso delle elezioni. Ripeto, non si tratta né di auspicare una certa forma di omertà, né di criticare la legittimità di alcune rivendicazioni, ma solo di desiderare che una piccola dose di buon senso ogni tanto venga applicata. In fondo, tanto per rimanere in tema, non siamo i grillini e non avendo promesso le streaming delle nostre beghe comunitarie a nessuno non credo che qualcuno si offenderà.

Daniel Funaro
(4 marzo 2013)