Qui Torino – Una ricetta per la pace

La Sala Bolaffi era piena, ieri sera a Torino, in occasione della presentazione dell’Associazione del Centro Peres per la Pace Italia Onlus, nata per far conoscere le attività del Centro e per sostenerlo. Molti anche i rappresentanti delle istituzioni, presenti personalmente, o che hanno fatto pervenire un messaggio di saluto e di sostegno – dal procuratore Gian Carlo Caselli al Rettore dell’Università di Torino Elio Pellizzetti, da Evelina Christillin pesidente del Teatro Stabile a Micaela Procaccia Soprintendente del Piemonte e della Valle D’Aosta, il vicepresidente della Compagnia di San Paolo Luca Remmert, Marco Boglione di BasicNet e Maria Anita Marenco, in rappresentanza dell’arcivescovo Nosiglia. Tullio Levi, uno dei fondatori della onlus italiana, ha moderato la serata, iniziata con il ministro Francesco Profumo che ha raccontato come nel corso del suo ultimo viaggio sia stato ricevuto dal Presidente Shimon Peres, che ha subito voluto citare: “Quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello, ponendo fine a ogni conflitto. Ecco, questo è il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno”. Ha continuato ricordando come educare alla pace sia non solo un imperativo morale ma anche un dovere civico, che deve partire dall’esperienza scolastica e dalla famiglia. “Un albero cresce bene se ha radici forti, così come una casa la si costruisce dalle fondamenta. Per questo l’educazione dei nostri ragazzi ha un ruolo insostituibile e unico. Essa è il primo baluardo di una lotta per la pace”. Il sindaco di Torino Piero Fassino, che ha esordito ringraziando i promotori dell’iniziativa e ricordando i suoi fortissimi legami con Israele, ha sottolineato più volte nel corso del suo applauditissimo intervento come la pace possa essere acquisita e mantenuta solo con un impegno costante. Nel corso delle sue numerose visite in Medio Oriente, durante i colloqui con rappresentanti di realtà sia israeliane che palestinesi, ha notato come si arrivasse presto a elencare le possibilità di collaborazione e di condivisione. “Quello che si è veramente logorato – ha osservato – è la fiducia reciproca, per cui non basta più che i protagonisti individuino le possibilità di apertura, serve ora che la comunità internazionale sappia assumere un ruolo determinante, e metta in campo tutte le sue forze per farsi garante e permettere una fattiva costruzione di occasioni di collaborazione”. Gianpiero Leo ha portato il saluto della Regione Piemonte e proposto ai responsabili della neonata Associazione di ragionare insieme su attività che coinvolgano gli enti locali. Proposta prontamente accettata da Tullio Levi, che ha poi dato la parola a Beppe Segre, presidente della Comunità ebraica di Torino, che oltre a portare il sostegno e l’apprezzamento della Comunità ha ricordato come sia nei Pirkè Avot che nei Salmi si dice che “Non basta amare la pace, bisogna inseguirla. Ama la pace, corrile dietro!”. L’intervento di Massimo Toschi, assessore emerito alla Cultura e alla Pace della Regione Toscana, ha invece ripercorso la storia di Saving Children, forse il progetto più noto del Peres Center for Peace, ricordandone i difficili inizi, durante gli anni della seconda intifada, e la nascita della collaborazione con Manuela Dviri che del progetto è l’anima.
Tullio Levi, invece, ha spiegato cosa effettivamente sia e si proponga di fare l’associazione, che oltre al compito divulgativo intende fare attività di fundraising per le molteplici attività del centro. Uno degli obiettivi principali infatti è quello di abbattere le barriere psicologiche, la paura, la diffidenza… ma procedendo attraverso azioni molto concrete. Da Frames of Reality, progetto fotografico in cui fotografi di ambo le parti procedono con un processo creativo comune a mostrare una visione alternativa del conflitto a Training Doctors, che ha permesso a tantissimi medici palestinesi di conseguire in Israele specializzazioni non realizzabili presso di loro, e di non lavorare più nel completo isolamento in cui si trovavano. Sono tantissimi i progetti di collaborazione economica e commerciale, i progetti di scambio culturale e di collaborazione concreta portati avanti dal centro, ma quelli che hanno più successo sono indubitabilmente quelli sportivi, perché chi ha fatto squadra insieme difficilmente dimenticherà. Il programma più noto, poi, è quello di cui ha parlato Manuela Dviri, che dopo aver ricordato le motivazioni della sua scelta ha raccontato come con Saving Children, inaugurato nel 2003 grazie a lei, il centro abbia sostenuto le spese mediche per curare in ospedali israeliani più di novemila bambini palestinesi affetti da gravi patologie o menomazioni. Sono molti i sostenitori di Saving Children, e fra questi anche la Chiesa Valdese. Carlo Baffert (Presidente del Comitato Amici Centro Peres per la Pace) ha portato alcuni esempi che dimostrano concretamente l’importanza dei progetti medici. Dopotutto perché portare magari in Egitto, magari in America un bambino che può trovare a magari neppure 50 km da casa sua degli ospedali che hanno tutte le competenze per curarlo al meglio? Irene Bernardini, psicologa e mediatrice, in un intervento intitolato “I bambini, vulnerabili maestri dell’incontro”, ha parlato di come i bambini le differenze le vedano, ma non le trattino con quella diffidenza e forse quella paura che invece caratterizzano spesso i rapporti fra gli adulti. Il messaggio giunto dal rabbino capo rav Eliahu Birnbaum ha posto invece l’accento sulla coincidenza temporale: la nascita dell’Associazione avviene a ridosso di Pesach, la libertà, di Yom Ha Shoah, la sofferenza, e dell’anniversario dell’indipendenza. Tre parole importanti con cui ha voluto augurare buon lavoro e portare tutto il suo apprezzamento e il sostegno della Comunità a un progetto che vuole abbattere i muri.
Perché è questo l’obiettivo del Peres Center for Peace: curare soprattutto l’ignoranza e la paura per, queste le parole di Tullio Levi, “costruire ponti tra i palestinesi e gli israeliani, favorendo la reciproca conoscenza, aiutando soggetti svantaggiati e contribuendo a sopperire a talune carenze della società palestinese. Essere un punto di riferimento per tutti coloro che, in campo israeliano e in campo palestinese, credono ancora che un dialogo sia possibile e che sia necessario lavorare per abbattere le barriere psicologiche create dalle reciproche diffidenze.”

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(18 aprile 2013)