Voci a confronto

Settantesimo anniversario dell’insurrezione al Ghetto di Varsavia. Su Avvenire denso editoriale di Anna Foa. “La rivolta – scrive – è rimasta nella memoria storica come un momento straordinario di reazione attiva allo sterminio. Soprattutto in Israele, dove forte era l’idea che gli ebrei si fossero fatti portare al macello come pecore, essa rappresenta il simbolo dell’eroismo ebraico, anche se non contraddice, ma semmai conferma con il suo valore di eccezione l’idea della passività della diaspora di fronte al nazismo”. Eppure, si legge ancora, quella del ghetto di Varsavia non fu l’unica rivolta. “Numerosi altri ghetti – prosegue Foa – si ribellarono in armi, mentre rivolte armate furono tentate perfino nei campi di sterminio di Chelmno, Treblinka e Sobibor, oltre che nelle camere a gas di Birkenau. Senza contare la resistenza senz’armi, attuata nel quotidiano tenendo fede agli affetti, ai principi della morale e ai valori della religione anche nell’orrore del lager”. Da leggere anche l’intervento di Susanna Nirenstein su Repubblica.
Sull’inserto Sette del Corriere, con il 1938, si completa il ciclo dedicato agli “anni della speranza”. Un anno assai poco felice anche a causa della promulgazione delle leggi razziste che privarono dei diritti elementari i cittadini ebrei.
Presto alberi piantati in Israele in memoria del cardinal Martini. L’iniziativa, promossa nel nome del dialogo dal presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana rav Giuseppe Laras, è presentata dall’Espresso.
Grande festa a Villa Miani per i 65 anni dello Stato ebraico. Sul palco, assieme all’ambasciatore Gilon, anche il presidente del Consiglio Mario Monti. Tra gli ospiti numerosi esponenti del mondo istituzionale e diplomatico. (Messaggero)
Intervistato da Ore 12, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici individua nella cultura “il vero motore del nostro impegno”. “Abbiamo intellettuali – dice – che troviamo siano i veri protagonisti della nostra storia nel corso dei secoli. Nella città di Roma non siamo mai venuti meno a questo tipo di interesse”.
Il Manifesto denuncia la “prima” italiana di Alba Dorata. Se la lista ispirata al movimento razzista greco fosse approvata (scadenza fissata il prossimo 27 aprile), il sindaco uscente di Alba Adriatica, comune in provincia di Teramo, correrà sotto quest’egida. “Quando un tipo di Trieste fondò l’associazione, dopo essere stato disconosciuto dai ‘padri nobili’ ellenici – si legge nell’articolo – venne ridicolizzato da tutto l’arco dell’ultradestra italiana. Adesso però, rischia di fare il colpaccio in un municipio certamente non di primo piano, ma che rimane comunque una bandierina da sventolare. L’attuale giunta di centrosinistra perde pezzi, il Pd si presenterà con due liste diverse, e pure il Pdl se la passa malissimo a causa di falde interne e odi mai sopiti tra i vari capetti. Il resto è tutto in qualche lista civica più o meno improbabile e nel Movimento Cinque Stelle, oggetto del mistero della campagna elettorale”.
Il servizio segreto israeliano si avvale di web e social network per incentivare il reclutamento. Slogan dell’iniziativa, riporta Repubblica, è: “Con nemici come questi, abbiamo bisogno di amici”. Sul Venerdì Enrico Deaglio racconta le sue impressioni dopo la visione di Gatekeepers, documentario in cui sei ex comandanti dello Shin Bet si soffermano sulla loro esperienza. “Il film The Gatekeepers ha provocato sbigottimento in Israele. Il premier Netanyahu – scrive Deaglio – si è rifiutato anche solo di vederlo, Hollywood invece l’ha premiato tra i migliori documentari per l’Oscar. Tutto il mondo politico è rimasto attonito per il dolore, la sofferenza e la sincerità con cui questi anziani capi militari, chiamati a difendere il loro Paese, riflettono sulla loro vita e sui loro errori, riscrivendo l’autobiografia di Israele. E indicano la strada: il dialogo, le ragioni degli altri, il pragmatismo, lo standard morale da mantenere. Forse questi vecchietti saranno in grado di far cambiare ai più giovani la visione del mondo”.

(19 aprile 2013)