In cornice – L’arte raffinata delle donne che dipinsero la nostra vita

Paola Levi Montalcini, Adriana Pincherle, Antonietta Raphaël, Alis Levi, Gabriella Orefice, Charlotte Radnitz, Paola Consolo, Eva Fischer, Silvana Weiller Romanin Jacur. Nove donne, alcune già note, altre meno conosciute, che descrivono un percorso d’arte e di vita che vale la pena ricordare per illuminare un capitolo importante del nostro passato. Saranno le protagoniste assolute della mostra Arte al femminile che a breve proporrà a Padova, al Centro culturale San Gaetano, un’importante selezione delle loro opere, tra cui molte mai esposte al grande pubblico. L’esposizione punta a mettere in risalto alcuni tracciati di esperienze femminili nell’Italia del Novecento attraverso un numero selezionato e significativo di artiste che sono state in grado, a partire dalla condizione femminile, di affermarsi rivendicando una piena un’indipendenza creativa e intellettuale e di arricchire così il tessuto culturale del nostro Paese. Il periodo in cui si situa è quello, fervido e pieno di entusiasmi, dell’Italia postunitaria. E’ il periodo in cui il mondo intellettuale ebraico contribuisce con passione al processo di formazione della nazione in un’adesione che sul versante delle arti visive si traduce in un ampio ventaglio di proposte che spazia da forme e contenuti ispirati alla tradizione latina e mediterranea all’avanguardia europea senza mai trascurare il radicamento nei valori identitari che vengono dall’ebraismo. In questo scenario artistico un universo particolare è quello rappresentato dalle donne. Si tratta, spiega la curatrice Marina Bakos, di un campo ancora non abbastanza approfondito. “Se artisti come Modigliani, Cavaglieri o Cagli sono stati ampiamente studiati e rappresentati anche al grande pubblico, artiste come Antonietta Raphaël o Paola Levi Montalcini o Adriana Pincherle sono figure di secondo piano nel mondo artistico contemporaneo o per lo meno non ancora abbastanza conosciute. La risonanza della voce delle donne nella prima metà del Novecento è in generale molto limitata, ciò vale ancor più per le donne ebree”. “Penalizzate dall’appartenenza a una minoranza che di per sé ne condiziona l’emergenza – continua – si vedono accomunate alle sorti delle loro contemporanee non ebree dal pregiudizio, tanto infondato quanto radicato, che l’uomo debba essere il solo depositario della vera professionalità […]. Non per questo esse furono assenti o esitanti nell’assumere con la massima competenza iniziative di primo piano sulla scena culturale e artistica. Anche perché, in seno alla tradizione ebraica, il valore della cultura è basilare nella formazione individuale e collettiva”. Qualche esempio? Basti pensare a Margherita Sarfatti che leggeva i classici romantici in originale (Goethe in tedesco, Ruskin in inglese e Stendhal in francese) e all’inizio del ‘900 era già un’apprezzata giornalista d’arte destinata a diventare regista indiscussa (e mal tollerata dagli apparati politici del regime) della fondamentale stagione artistica del Novecento Italiano. O pensiamo ad Antonietta Raphaël, pittrice e scultrice di grande valore, artefice della Scuola romana di via Cavour, ignorata a lungo dalla critica, che solo che negli anni Cinquanta vide riconosciuto il proprio lavoro. Di grande interesse anche l’esperienza di Paola Levi Montalcini. Vicina a Felice Casorati e Italo Cremona, si avvicina all’espressionismo astratto, frequenta l’atelier di Hayter a Parigi dove viene introdotta all’estetica surrealista della scrittura automatica, si dedica alla scultura, realizza strutture cinetico luminose e, dagli anni Settanta, si concentra su un singolare itinerario fra arte e matematica. Vi è poi la figura affascinante e inquieta di Alis Levi, che espone al Salon d’automne e all’Expositin de Versailles, si trasferisce in Italia, si avvicina ai giovani artisti di Cà Pesaro e insieme al compagno, il pianista Giorgio Levi, diventa un riferimento per musicisti, pittori e letterati come Ravel, Stravinskij, D’Annunzio e la Duse. Notevole anche il lavoro di Charlotte Radnitz, veneziana d’adozione profondamente influenzata da Kokoschka e dai pittori di Montparnasse che aveva conosciuto nei viaggi di gioventù. E meravigliose sorprese riservano anche le opere di Paola Consolo, apprezzata da Ardengo Soffici e da Medardo Rosso, di Silvana Weiller Romanin Jacur, pittrice oltre che critica e poetessa e di Eva Fischer, amica devota di Marc Chagall e artista capace di declinare le origini croate nel segno di un’italianità liquida e sempre solare.

Daniela Gross, Pagine Ebraiche, aprile 2013

(23 aprile 2013)