Parole – Moked

La parola di questo mese, nelle mie intenzioni, avrebbe dovuto concludere questa rubrica, perché è il nome del portale dell’Unione delle comunità ebraiche italiane che fa da cappello a tutte le varie iniziative editoriali, dalla newsletter giornaliera a Pagine Ebraiche. Ma prima ancora di divenire il nome del portale, Moked (con l’accento sulla e) è il nome della convention dell’ebraismo italiano, che salvo poche eccezioni è stata convocata da circa venticinque anni una o persino due volte l’anno, in particolare nel weekend del primo Maggio. Ed ecco quindi la ragione di trattare questa parola in questo mese. Ma quanti sanno cosa vuol dire Moked? Non è una parola diffusa. Nel Tanakh (Bibbia ebraica) ricorre in quanto tale solo un paio di volte e un’altra dozzina in forme derivate dalla stessa radice. Moked significa fuoco, rogo. Nell’ebraico moderno ha assunto il significato di fuoco nel senso matematico, ossia uno dei due punti fissi all’interno di un’ellisse le cui rispettive distanze da qualsiasi punto della circonferenza danno un valore costante quando sommate l’una all’altra. Moked è anche il punto focale dove convergono i raggi di luce diffratti da una lente o da uno specchio concavo, e il verbo lemakèd significa mettere a fuoco, focalizzare. Ecco spiegato l’uso del termine moked per la convention, che è infatti l’occasione per mettere a fuoco i problemi dell’ebraismo italiano almeno una volta l’anno. Ma come si è arrivati dalla convention al portale? Quando alcuni anni fa si cercava un termine significativo per chi fa informazione, una parola breve e originale, una sorta di marchio di fabbrica che richiamasse immediatamente la realtà ebraica italiana, si trovò infine che Moked era una parola adatta. Nell’ultimo Yom haTorah, rav Yoseph Carmel, illustre rabbino del Makhon Eretz Hemdah di Gerusalemme, ha raffigurato il rapporto fra gli ebrei e D-o con l’immagine dell’ellisse, i cui due fuochi (mokedìm) sono costituiti dalla Kedushah (santità divina) e dal Kavod (gloria divina). La prima è caratterizzata dalla giustizia e dal timore, dall’intelletto, dal vietare e dall’allontanare. Il secondo è invece all’insegna dell’amore e della misericordia, del sentimento, del permettere e dell’avvicinare. Lungo questa ellisse, a volte si è più vicini alla Kedushah e a volte al Kavod. Ma la somma delle due distanze rimane costante. Chissà se al Moked di quest’anno si sarà più vicini alla Kedushah o al Kavod.

Rav Gianfranco Di Segni, coordinatore Collegio Rabbinico Italiano

(Pagine Ebraiche maggio 2013)