Quale Storia,
quale Memoria
Oggi, a Milano Marittima, si aprono quelli che qualcuno chiama gli Stati Generali dell’ebraismo italiano. Ci poniamo quindi davanti a noi stessi come appartenenti a una nazione plurale, e ci guardiamo in faccia. Cittadini ebrei di questa Italia, ma anche ebrei di questa jewry. Donne e uomini di un mondo sempre più senza frontiere – noi, che della globalizzazione siamo forse il popolo simbolo. Spero allora che ci porremo una domanda cruciale, interrogativo che attingo paro paro da un intervento di Esther Benbassa contenuto nell’ultimo numero del trimestrale Lettera internazionale dedicato a Storia, memoria, cittadinanza (con scritti, tra gli altri, di Pierre Nora, David Bidussa, Vladimir Jankélévitch, e un’intervista del direttore Biancamaria Bruno a Christian Boltanski). Il ragionamento della senatrice francese Benbassa, cattedra di Storia dell’ebraismo moderno all’École Pratique des Hautes Études della Sorbona è, a mio avviso, ineccepibile: «Quale storia vogliamo per le generazioni in cammino, pluriculturali e plurietniche? Se non riflettiamo per tempo su questo, rischiamo di cadere sotto i colpi di memorie che si comportano da nazioni, spesso poco democratiche. Le memorie esistono per salvare dall’oblio i gruppi minoritari e le loro vicissitudini e non per costituire mini-stati rivendicatori e insaziabili». Serve insomma un difficile compromesso tra memoria e storia. Ce la faremo?
Stefano Jesurum, giornalista
(25 aprile 2013)