Qui Roma – Ferramonti 70 x 25
La sessione pomeridiana della giornata di studi For Ferramonti 70X25, dedicata all’anniversario dei venticinque anni della fondazione e dei settanta anni della liberazione del campo di internamento, è ricca di interventi brillanti e di incontri emozionanti. Ferramonti di Tarsia, un campo nei pressi di Cosenza, è stata la prigione di ebrei stranieri e non, apolidi e slavi, durante la Seconda guerra mondiale. Artisti, medici, letterati e fini intellettuali, provenienti da una moltitudine di città diverse, hanno dovuto rinunciare agli strumenti del mestiere e sopratutto cedere la loro libertà. Fortunati per alcuni versi (i relatori evidenziano una situazione piuttosto favorevole e un trattamento umano), ma pur sempre sradicati dalla propria realtà e chiusi in gabbia. Il convegno tenutosi al Centro Pitigliani ha visto un grande protagonista: Carlo Spartaco Capogreco, il pediatra calabrese che venticinque anni fa ha riportato alla luce Ferramonti e la sua storia, in una Italia che sembrava dimenticare. Capogreco ricorda commosso il ruolo centrale di Annie Lazar, ex internata e donna fondamentale per la ricostruzione storica. “Annie è stata una madre ma anche un amministratore delegato. All’inizio della fondazione non c’erano facebook o internet, Annie è stata il mio motore di ricerca”. Anna Longo, giornalista Rai, introduce gli interventi numerosi e pieni di trasporto. Ogni relatore aggiunge un tassello mettendo sul tavolo anche i propri sentimenti, Ferramonti è entrato nel cuore di tutti i suoi studiosi. Fra gli altri, lo storico Mario Avagliano, che in precedenza sull’Unione informa aveva trattato l’argomento, esordisce: “Il 2013 è un anno ricco di commemorazioni, settanta anni fa è infatti iniziata la resistenza e nel 2014 ricorrerà l’anniversario delle Fosse Ardeatine. Le date sono importanti, ma lo sono anche i luoghi della memoria. Bisogna però guardarsi bene dal farli diventare mete turistiche”. Segue l’intervento di Anna Pizzuti che mostra il titanico lavoro fatto per creare un database sui prigionieri di Ferramonti, incrociando diversi documenti e servendosi della collaborazione con il CDEC. Il Professore James Walston insiste sull’importanza della memoria: “Il passato può mutare ed è questo il suo rischio maggiore. Guardate come lo scorso anno la proposta della costruzione del mausoleo a Graziani aveva lasciato la maggior parte dell’opinione pubblica indifferente”. Se la scrittrice Luciana Marinangeli parla di un detenuto d’eccezione, lo psicoanlista e junghiano Ernst Bernhard, Mario Rende ricostruisce Ferramonti dopo Ferramonti, la sorte del campo e dei suoi prigionieri dopo la guerra. La fondazione non si attiene però a fare ricerca solo sulla propria terra ma ha creato una fitta rete, legandosi ad altri luoghi della memoria; prendono infatti la parola Maria Chiara Fabian che si occupa degli ebrei internati nel Palesine, Gianni Orecchioni che traccia il legame tra prigionia e resistenza in Abruzzo e Metka Gombac che presenta una relazione sui campi di internamento fascisti per sloveni e croati. A chiudere l’intensa giornata di studi, a cantare il suo personale ‘buon compleanno’ alla fondazione Ferramonti, la voce di Miriam Meghnagi.
Rachel Silvera
(25 aprile 2013)