…giovani
“Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti – che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale – non si sono date soluzioni soddisfacenti: hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento”. Così il Presidente Napolitano nel suo discorso di insediamento ha voluto sottolineare un’evidenza lapalissiana. Meno scontato è il fatto che sia stato un “giovane” di 88 anni a pronunciare queste parole, mentre le giovani generazioni di questo paese si lasciano tranquillamente manipolare senza proporre uno straccio di idea praticabile per il governo e la progettazione del loro futuro. La mancanza di uno scatto di orgoglio positivo (uno scatto vero, non la sua parodia delle “marcetta su Roma” del nuovo comico) è quello che rende più preoccupante questa situazione di stallo. Di fronte a tutto questo, credo sarebbe un bel segnale se la riflessione richiamata da Stefano Jesurum su queste pagine non si limitasse a un confronto accademico su Storia e Memoria, ma costituisse la base per offrire molto presto (subito!) ai giovani l’opportunità di parlare e operare in ruoli di responsabilità “oltre” la Memoria, restituendo voce a una generazione àfona. Dico questo perché ho la netta sensazione che in molti ambienti (in Italia per certo) Storia e Memoria siano ormai diventati degli spazi non condivisi, che contribuiscono a tracciare solchi sempre più profondi fra diverse componenti della società che non solo non si parlano, ma nemmeno si capiscono.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(26 aprile 2013)