Nugae – Il Bar-Mizvah e i 15 minuti di celebrità
È evidente che quei 15 minuti di celebrità che Andy Warhol concedeva a chiunque ad alcuni non bastano. Quando arrivano sono una specie di epifania, si tratta dell’istante in cui intuiscono di essere nati per stare su un palcoscenico. Per gli ebrei questo protagonistico quarto d’ora può arrivare piuttosto precocemente, ovviamente al bar mizvah. Ormai lontano dall’essere solo il solenne passaggio alla maggiore età religiosa, è sempre più vero che si tratta spesso di un’occasione di lussuosa follia in cui un ragazzino con l’acne si trasforma in una celebrity con l’acne: ci sono un agente (la mamma diventata isterica), i fan e i paparazzi (gli ospiti e i fotografi), e la pubblica apologia per comportamenti selvaggi e offensivi (i bigliettini di ringraziamento). E per alcuni quel temporaneo status di star diventa un momento centrale dell’esistenza. Di questo fenomeno si è accorta la scrittrice statunitense Jill Rappaport, che ha scritto un libro intitolato Mazel Tov: Celebrities’ Bar and Bat Mitzvah Memories , brillantemente recensito sul Jewish Journal, in cui ha intervistato 20 celebrità (anzi 19, visto che un capitolo è dedicato al bar(k) mizvah dei due cagnolini di Ruth Bell), provenienti dal mondo dello spettacolo, come gli attori Jeremy Piven, Noah Wylie e Henry Winkler, ma anche dalla politica, come il senatore Joseph Lieberman e l’ex sindaco di New York Ed Koch, per indagare se il bar mizvah abbia effettivamente costituito per loro questa ispirata rivelazione. Così, accompagnate da meravigliose foto d’epoca di tredicenni paffuti, il lettore può perdersi nelle loro riflessioni sulla religione e sulla vita, ma soprattutto consolarsi nel sapere che anche gli attori più hollywoodiani, nel senso idealizzante del termine, hanno imbarazzanti episodi adolescenziali da raccontare. L’attore Harvey Fierstein ricorda che sua mamma, non si capisce bene per quale ragione, ha finto un attacco di cuore durante la cerimonia (mentre lui ha stoicamente continuato la sua lettura); l’attore Howie Mandel dovette far rallentare i balli israeliani per far sì che un pittore assunto al posto del fotografo potesse ritrarli dalla giusta angolazione; la comica Judy Gold con il suo metro e ottanta di altezza torreggiava sul rabbino alto uno e cinquanta, suscitando l’empatia di tutte le ragazze che a 12 anni hanno subito il trauma di essere più alte di tutti i coetanei (ovviamente nessun riferimento personale). Insomma, altro che 15 minuti di fama.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @MatalonF
(28 aprile 2013)