Time out – Il viaggio di Jcall
Leggo da questa rubrica che in questi giorni si sta svolgendo il viaggio di una delegazione di JCall in Israele e nei territori palestinesi. Per chi non lo sapesse, Jcall è quell’organizzazione che, in nome della ragione, ritiene che il pericolo per lo Stato d’Israele non siano tanto i suoi nemici che vogliono distruggerla, come Hamas, Hezbollah o l’Iran, ma il fatto che esistano delle colonie. Non stupisce quindi che nell’incontro di martedì con il Primo Ministro palestinese Salam Fayyad, nel discorso del rappresentante di JCall, non vi fosse un minimo cenno di solidarietà alla famiglia dell’israeliano, padre di cinque figli, ucciso da un terrorista palestinese alla fermata dell’autobus di Tapuach, poche ore prima. Terrorista che fra l’altro apparteneva a Fatah, la stessa organizzazione di Fayyad. Eppure un accenno alla notizia c’era; si diceva che un palestinese e un colono (non un israeliano?) erano morti, senza sentire per esempio il bisogno di dire chi fosse la vittima e chi il carnefice, o come fossero andate le cose. Non che a Ramallah non lo sapessero, ma pare che si siano stupiti anche loro che tale notizia invece che essere accompagnata dalla richiesta di farla finita con il terrorismo, fosse invece associata ad un appello affinché le violenze dei “coloni” smettessero. Quelle dei “coloni” capito? E questi cari signori che leggete, sarebbero i nostri intellettuali, la coscienza critica del popolo ebraico. Quelli che affermano che esiste una crisi etica e democratica all’interno dello Stato d’Israele. Quello stesso Stato che, al contrario di come hanno riportato loro, il palestinese che ha compiuto l’attentato ha evitato di ucciderlo nello scontro a fuoco, ferendolo solo lievemente per poi curarlo in un ospedale israeliano, prima di metterlo in prigione. Una lezione di etica e democrazia che a quanto pare, i personaggi più in malafede, non vogliono imparare e non impareranno mai.
Daniel Funaro
(2 maggio 2013)