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Nel motore di ricerca più diffuso al mondo – Google – se si prova a digitare Jews o Jewish Italy si incontrano numerosi e fantasiosi itinerari culturali, religiosi, turistici o gastronomici. La fanno da padrone i siti di Chabad e i siti di turismo più o meno culturale. Dopo un bel po’ di pagine si incontrano le notizie che fornisce Virtual Jerusalem (a volte un po’ imprecise) e quelle di Wikipedia (molto imprecise e datate). Questa situazione dimostra, credo, che si sta sbagliando qualcosa nella politica di comunicazione. Ho come l’impressione che ci si stia concentrando (con indubbi e apprezzati successi) su una dinamica di comunicazione interna all’ebraismo e/o alla realtà italiana, privilegiando l’idea del web come piazza virtuale. Ci incontriamo, discutiamo, ci leggiamo, studiamo insieme. Tutto bene, ma rischiamo la marginalità e di conseguenza rischiamo di rendere vani i nostri sforzi di comunicazione. Se la vetrina internazionale del web usa l’inglese, e se chi cerca notizie sull’ebraismo in Italia viene “filtrato” dall’onnipresente Chabad.org o da agenzie private di turismo culturale e gastronomico, significa che bisogna adottare nuove strategie di comunicazione, che riescano a trasmettere l’enorme patrimonio di vita, cultura e storia che esprime ogni giorno l’ebraismo in Italia. Qualche idea? Cominciamo a produrre “Pagine ebraiche” e i siti web dell’Ucei in versione bilingue. È questa – mi pare – una priorità. A meno che non permanga un inconfessato timore di mettersi un po’ troppo in relazione con il variegatissimo e ricco mondo ebraico che ci circonda.

Gadi Luzzatto Voghera, storico
(3 maggio 2013)