Tea for Two – Le donne che ammiro

“Essere una donna non vuol dir riempire solo una minigonna” disse una volta il mio filosofo di fiducia Anna Tatangelo. Come darle torto? Qui tra lavori di manutenzione e nutrimenti per mente e anima è una grande faticaccia. Proprio per questo in un mio carnet immaginario ho inserito le donne che ammiro. Quando piove vorrei per esempio assomigliare a Audrey-pulcino bagnato-Hepburn che stretta nel suo trench chiama a gran voce il suo gatto prima di essere salvata dal bellone George Peppard. Ma diciamo la verità, mentre scroscia la pioggia battente assomiglio di più a Winston Churchill (e non chiedetemi perché). Mi piacerebbe cantare come Diana Krall in un bar sperduto in qualche sobborgo americano ed essere Livia Giuggioli per il semplice fatto che si è sposata con Colin Firth (in ordine di apparizione: Fitzwilliam Darcy, Mark Darcy, Re Giorgio). E, detto fra noi, mi piacerebbe anche avere la grazia di una certa principessa disney dell’ebraismo italiano che non nomino per non fare arrossire. Per un periodo volevo diventare Jill Abramson, direttrice del New York Times, ma da quanto si mormora la vedono come un diavolo e non ha neppure la soddisfazione di vestirsi Prada (Jill, consolati con il tuo golden retriver e qualche premio da spolverare nella vetrinetta del salone). Rendiamoci conto di una cosa: se essere una donna è difficile, essere una jewish princess è praticamente impossibile. Bisogna competere con Natalie Portman che danza e impazzisce, Drew Barrymore che si converte e Gwyneth Paltrow che cucina challoth macrobiotiche. Alle volte vorrei essere una signora Gold-man/-smith/blatt (decidete voi come concludere) qualsiasi ed essere invitata al Metropolitan Museum come membro onorario, mangiando bagel in miniatura e rugelach di alta cucina. Ma alla fine mi piace scrivere e mi piace da morire la scrittura di una certa columnist made in USA: Rachel Shukert. Sarà che ha la frangetta, la chiave del successo per ogni donna dalla A di Alexa Chung alla Z di Zooey Deschanel passando per la S di Sophie Marceau. Sarà che riesce a declinare le tematiche ebraiche in qualsiasi tipo di salsa pop e chi non ci crede può leggere la sua rubrica sul Tablet Magazine. Sarà che ha scritto un libro che si intitola qualcosa come Ma non ti vergogni? Ma Rachel Shukert è un genio in frangetta. E non vedo l’ora di scoprire che è sposata con un jewish prince di nome David e che insieme costruiranno una casa di mattoni rossi con la cucina con l’isola. Almeno potrò avere un motivo in più per sentirmi una inetta sveviana.

Rachel Silvera, studentessa – twitter@RachelSilvera2

(6 maggio 2013)