Comandamenti…

La lettura della Torà del primo giorno di Shavu’ot, come è noto, narra l’evento straordinario del dono della Torà solennizzato con la promulgazione del Decalogo. È altrettanto noto che la Torà si legge, e si comprende, anche grazie a una serie di segni – Te‘amim – la cui funzione è: indicare la suddivisione delle frasi o dei periodi per aiutare la comprensione del significato del testo; fissare la cantillazione, per la lettura pubblica, che può essere diversa secondo i vari riti. Però, nei brani in cui si parla del Decalogo (Esodo 20; Duteronomio 4), ci troviamo davanti ad una doppia serie di Te‘amim: una superiore (Ta‘am ‘elion) ed una inferiore (Ta‘am tachton). Il Ta‘am ‘elion determina la divisione del Decalogo in dieci parti, con effetti sul significato analoghi a quelli della moderna punteggiatura. Tale divisione rispetta il “tradizionale” numero dieci, ma provoca una singolare diversità di lunghezza dei versi: 1) I due Comandamenti Lo yhie (non avrai altre divinità) e Zakhor/Shamor et yom hashabbat (ricorda/osserva il giorni dello Shabbat) sono i più lunghi di tutto il TaNaKh; 2) I tre Comandamenti Lo tirtzach (non uccidere), Lo tinaf (non commettere adulterio) e Lo tignov (non rubare) sono i più corti di tutto il TaNaKh. Il Ta‘am tachton determina una divisione più simile a quella che ritrova in tutto il TaNaKh; in particolare, il Comandamento dello Shabbat è diviso in quattro parti e i quattro Comandamenti Lo tirzach (non uccidere), Lo tinaf (non commettere adulterio), Lo tignov (non rubare) e Lo ta‘ané (non fare falsa testimonianza) costituiscono una sola unità. Il Ta‘am tachton, quindi, divide il Decalogo in dodici parti di lunghezza media, dove non c’è più distinzione rigida di significato. Secondo Rabbì S. Z. Hanau (RaZaH 1687-1747), la lettura con il Ta‘am ‘elion indica quello che il Signore, ‘Elion (eccelso), ha detto a Moshè, mentre il Ta‘am tachton riproduce ciò che Moshè, tachton (inferiore), ha riferito al popolo d’Israele. Il Ta‘am ‘elion rappresenterebbe quindi la prospettiva divina, in cui D-o parla con dieci espressioni; il Ta‘am tachton esprimerebbe, invece, la prospettiva umana, per mezzo di Moshè che parla al popolo ebraico con dodici espressioni, quante sono le tribù d’Israele. La Torà si può acquisire e perpetuare nelle nostre Kehillot attraverso la vera capacità di mantenere unite entrambe le prospettive. Mo’adim lesimchà

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova

(13 maggio 2013)