…beni culturali
Sulla gestione dei beni culturali si gioca una partita difficile, che in momenti di crisi deve essere gestita con senso della misura e responsabilità, ma anche con una buona dose di fantasia e intelligenza. Si tratta di bilanciare conservazione e innovazione, e non è facile. Se c’è necessità di denaro per le più urgenti necessità della vita sociale è assai difficile che vengano distolte risorse per la conservazione del patrimonio e per la sua valorizzazione. Eppure, lo sappiamo bene, l’Italia è il luogo in cui assai più che altrove sono presenti opere d’arte; una ricchissima e stratificata tradizione che è nota in tutto il mondo e nella quale affondiamo le nostre radici. E’ anche risaputo che non sempre siamo stati capaci nel passato di valorizzare nel giusto modo questo grande patrimonio. Farlo dovrebbe essere una nostra priorità, anche nelle comunità ebraiche, che spesso si limitano a custodire un importante patrimonio monumentale (sinagoghe, cimiteri, catacombe) o documentario (biblioteche, archivi) senza saper pensare a un progetto organico che valorizzi veramente questi beni, bilanciando fra progetti museali e fruizione. Tuttavia non mi risulta che in Italia sia mai avvenuto qualcosa di assimilabile all’orrore cui stiamo assistendo a Cracovia, dove una casa di studio del secolo XIX, lo storico Beit midrash Chewra Tehilim le cui pareti interne appena restaurate (!) sono finemente decorate, è stato trasformato in una discoteca. Una brutta storia, che ci chiama ad assumere in maniera più responsabile l’impegno a disegnare un progetto complessivo di valorizzazione del patrimonio ebraico italiano. Lo dobbiamo innanzitutto ai nostri figli, e ai nostri nonni.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(17 maggio 2013)